L’Omino di Giovinazzo. Il saggio di Aguinaldo Perrone sulle tracce dell’artista Fortunato Depero

Il sud dell’Italia,  la Puglia, e più precisamente un   bar del centro di Giovinazzo. E’ qui che e’ stato rinvenuto nel corso di una ristrutturazione,  diversi anni fa,  un misterioso schizzo.

A campeggiare sul foglio  un  omino disegnato a china con bastone da frac  e cappello a cilindro, i piedi a forma di parallelepipedo e un’aria allegra e ottimista.

Sulla carta una piccola F, forse la cifra dell’artista, una bottiglia, alcuni elementi grafici che ricordano una  C. E un appunto. Indizi come lasciati per caso, quasi un rebus, con tanto di lettere alfabetiche, una sfida per i posteri raccolta da Aguinaldo Perrone,  (Aguin) artista, studioso di cartellonismo e autore di alcuni saggi, tra questi  il nuovo, godibilissimo “L’Omino di Giovinazzo”,  Fortunato Depero: 1926, passaggio in Puglia, edito da Graphe.it per la collana Parva- con la bella prefazione di Domenico Cammarota, tra i maggiori esperti di letteratura futurista italiana.

Perrone riconosce subito negli elementi distintivi grafici  il tratto inconfondibile di Fortunato Depero, personaggio fra i più versatili del 900, scenografo, scultore, poeta, grafico, pubblicitario, “il piu’ futurista dei futuristi”.

Il risultato dell’analisi  e’ sorprendente: dalla bottiglia che compare sulla destra dell’omino,   sembra partire verso l’alto un getto che travolge una C  futurista, simile alla lettera utilizzata per altre illustrazioni della Campari, realizzate durante il  lungo sodalizio dell’artista con la casa di liquori: uno dei suoi quadri pubblicitari,   “Squisito al selz” fu presentato alla Biennale di Venezia proprio nel  1926, anno  in cui e’ datato il disegno, e  la stessa C e’ del tutto simile  a quella della scritta “Campari 1931”della copertina del Numero unico Futurista Campari 1931.

E ancora, in alto sulla sinistra, il disegno piccolissimo “quasi impossibile da decifrare”, rimanda proprio ad un cono e alla bottiglia della Campari, progettata da Depero.

 “Il disegno presenta in toto – scrive  Perrone – il linguaggio di Fortunato Depero. L’utilizzo degli omini dalle forme dinamiche e dalle geometrie scomponibili è peculiare nei suoi disegni, come ad esempio le sue celebri sculture/modelli per il teatro da cui potrebbe aver attinto per il disegno dell’Omino”.

Restava dunque da capire cosa condusse proprio a Giovinazzo l’artista trentino. L’autore ricostruisce  i viaggi al sud di Depero: per la campagna pubblicitaria del Campari l’artista  stava realizzando delle grafiche corredate dalla musica e dalle liriche in collaborazione con il poeta messinese Giovanni Gerbino e con il compositore Franco Casavola. Nel 1926, l’anno in cui il Gran Bar Pugliese venne inaugurato, Depero si recò a Reggio Calabria per la IV Biennale d’Arte. un breve trafiletto  di giornale  conferma  che vi espose alcune opere ricevendo la medaglia d’argento. E subito dopo, come risulta da alcune cartoline inviate alla moglie Nina, andò in Sicilia per incontrare Gerbino. Ipotizzabile quindi che prima di recarsi in Calabria sia passato a Giovinazzo  per incontrare Casavola, che aveva a Bari la sua residenza. Anche  se non avvalorato  da alcun documento, e’ possibile  che in quel periodo Casavola  potesse essersi recato  a Giovinazzo per il periodo estivo.

Tutto quindi rIconduce a Depero. Anche se musei, collezionisti e alcuni studiosi interpellati dall’autore negano l’attribuzione all’artista futurista. Manca, secondo loro, la poetica del tratto e soprattutto, i documenti.

Fatto sta che ancora oggi l’Omino di Giovinazzo trionfa  sui tovaglioli, sulle bustine di zucchero e ovunque nel celebre Gran Bar Pugliese,  in coerenza con l’intento e il contesto culturale di cui l’artista  è stato un grande esponente, e con la sua aria allegra che ricorda tanto la giocosa visione sulla vita propria della poetica espressiva di Depero,  l’Omino di Giovinazzo continua a stimolare la curiosita’dei suoi avventori.

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