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Blogger russo arrestato in Egitto per alcuni scatti, assalito dagli abitanti


Roma – “Non conosco le leggi egiziane, ma ero convinto che scattare foto nei luoghi pubblici fosse consentito ovunque nel mondo. In Egitto a quanto pare no. Non ci tornerò più e sconsiglierò chiunque dall’andarci”. Si è conclusa così la disavventura di Arseny Semeny (noto sui social network come Arseny Kotov), fotografo e blogger russo appassionato di architettura socialista, modernista e brutalista, che al Cairo ha trascorso 48 ore in cella prima che l’intervento del consolato russo mediasse la sua liberazione.
“Sarei dovuto andare a Sharm El-Sheikh- racconta il fotografo di 33 anni, contattato telefonicamente dall’agenzia Dire a poche ore dal suo rientro a Mosca- così ho deciso di partire qualche giorno prima per poter visitare il Cairo: volevo vedere le piramidi e passeggiare in città”. Il primo giorno Kotov ha potuto ammirare le piramidi di Giza “come pianificato”. I problemi sono sopraggiunti l’indomani, quando esplorando l’affollata metropoli si è imbattuto in Manshiyat Masr, il quartiere degli spazzini, detti “zaballyin”. Popolato da quasi quattro milioni di abitanti tra la Cittadella antica e la Città dei morti, il quartiere è noto per ospitare famiglie che della spazzatura hanno fatto il proprio business: sacchi di immondizia vengono portati qui per essere smistati e i materiali vengono rivenduti. Una forma di riciclo manuale, avviata però già a partire dalla prima metà del secolo scorso, che vede occupati a volte anche i minori. Il blogger era intento a scattare foto quando è stato assalito e malmenato da un gruppo di residenti che non hanno apprezzato quella forma di attenzione, e subito dopo è intervenuta la polizia, che lo ha arrestato.

“Sono stato rinchiuso in una cella del commissariato con altre 30 o 40 persone” dice Kotov, che non
maschera il suo stupore: “Non potevo credere ai miei occhi, lo spazio per tutte quelle persone era veramente limitato. Non ho subito violenze fisiche da parte degli agenti, ma mi hanno dato poca acqua e cibo, che era anche di cattiva qualità. Inoltre faceva molto freddo e non ho ricevuto coperte per la notte”. Alla domanda sulle misure anti-Covid, il fotografo scoppia a ridere: “In Egitto non ho visto quasi nessuno indossare la mascherina e in cella non è stato molto diverso”.
Sul suo profilo Instagram il blogger ha condiviso una foto che lo ritrae con la testa fasciata, accompagnata da un messaggio in cui chiede ai suoi follower di sollecitare l’intervento del ministero degli Affari esteri russo, dato che nessuno dall’ambasciata al Cairo aveva risposto alle sue ripetute chiamate. Infine il consolato è intervenuto e, come conferma il fotografo, “è grazie a loro se sono uscito. Mi hanno raccomandato di lasciare subito l’Egitto, e così ho fatto. Le autorità egiziane non mi hanno imposto un divieto di tornare nel Paese, ma in ogni caso non intendo mai più metterci piede e dirò a chiunque di non farlo”.

Sul proprio profilo Facebook, il consolato russo conferma il rilascio del connazionale e la restituzione da parte delle autorità egiziane “del passaporto e dell’attrezzatura”. Al contempo si ricorda “ai turisti e ai blogger professionisti russi di osservare le leggi e onorare le tradizioni locali, astenendosi dallo scattare foto o girare video in luoghi non turistici”, rispettando “la privacy dei residenti ed evitando spiacevoli incidenti”.

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, come riporta la stampa russa, riferisce di aver “inviato una lettera di protesta” al governo del Cairo per il trattamento subito dal connazionale, che “ha rischiato di incorrere in una pena detentiva”.
L’Egitto, stando alla classifica sulla libertà di espressione stilata ogni anno dall’associazione Reporters without borders, si colloca al 166esimo posto su 178 e rientra in ultima fascia, definita come “molto grave”. Fonte Agenzia DIRE