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Attacco alle istituzioni degli States. La sconfitta di Trump ratificata da ondate di violenza

Chi sia il mandante del pericolosissimo attacco del 6 gennaio al cuore della democrazia statunitense, appare chiaro.  Le dimostrazioni di forza dei gruppi imbestialiti, per ore lanciate dai media di tutto il mondo, mentre il congresso ratificava i risultati della sconfitta del presidente Donald Trump dello scorso novembre, hanno esalato l’amaro sapore dell’odio e della repulsione. Proteste, disprezzo alimentati per anni arrivate al culmine cruentemente con la morte di una donna, portano con sé due sconfitte per chi demagogicamente ha manovrato menti e braccia delle bande inferocite: la sconfitta di Donald Trump ratificata dal congresso, dunque la vittoria del presidente eletto Joe Biden e la celebrazione di due inattesi successi in Georgia che consentiranno ai democratici di prendere il controllo del senato.

Quando quattro anni fa Donald Trump prestò giuramento alla sede del congresso di Washington promise di porre fine al “massacro americano”. Oggi il suo mandato è giunto alla conclusione, accompagnato dai tentativi di massacrare la costituzione degli States e incorniciato dalla furia dei suoi sostenitori spinti all’assalto del Campidoglio, la medesima istituzione dove Trump l’8 novembre del 2016 dichiarò alla Nazione ‘’Torniamo a essere uniti”. “Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell’unione. Dobbiamo collaborare e riunire la nostra grande nazione. I dimenticati di questo Paese, da oggi non lo saranno più”. L’America dopo una lunga notte aveva deciso. Donald Trump sarebbe stato il 45esimo presidente Usa.

Sembrano trascorsi anni luce da quel discorso e presto i democratici si sarebbero accorti del caro prezzo da pagare per l’accordo maledetto stretto con Trump dal loro partito. Tra intese e divergenze i due partiti spesso sono stati parte della stessa scena, adesso estremismi e idee anti-democratiche sono state svincolate e l’ala repubblicana del partito potrebbe definirsi una forza extra-parlamentare che fa capo a Donald Trump nella veste di leader assoluto.

Prendendo le distanze da brogli elettorali, malgrado la pirotecnica conquista della Casa Bianca nel 2016 e il mantenimento della maggioranza nei due rami del congresso, la disfatta elettorale dell’altro ieri in Georgia ha un significato chiaro e netto, solo dopo quattro anni il partito è totalmente perdente. Inoltre le vittorie di Jon Ossof e Raphael Warnock, il primo afroamericano eletto al senato per la Georgia, creano inaspettatamente le condizioni per un governo meno esposto all’osteggiamento  repubblicano ed agli stratagemmi di Trump. La rivolta potrebbe indurre nei prossimi giorni a far riflettere sul falso mito elettorale che lo stesso Trump ha creato di sé e generare un’analisi sulla presunta truffa concertata dai suoi nemici politici ma soprattutto la miccia incendiaria dell’insurrezione quali proiezioni future potrebbe avere…. L’assedio messo in piedi dai Proud Boys anche se diverso dal movimento per i diritti degli afroamericani di qualche anno fa, indica il livello delle tensioni interne e sociali che potrebbero tornare d esplodere.

Al presidente Joe Biden si apre ora, uno scenario spinoso. Percorrere la via del dialogo puntando sulle forze sociali moderate, come quelle del Black Lives Matter, spronare la ragionevolezza del repubblicani tanto da indurle a prendere le distanze dal modus trumpista. Al tempo stesso assumere un atteggiamento intransigente contro le frange estremiste del partito.

Considerando che oltre un quarto dei repubblicani e circa il sessanta per cento dei loro deputati alla camera hanno attivamente partecipato alla tumultuosa e violenta notte nella quale ribadiamo una donna ha perso la vita, è una vicenda sconcertante senza precedenti nella storia moderna degli Stati Uniti. Immagini disgustose e inquietanti hanno improvvisamente iniziato a girare catturando  l’attenzione di milioni di cittadini nel mondo, trasmesse con gusto e piacere da Mosca e Pechino.

Dall’Unione europea invece, una immediata presa di distanza è arrivata da Berlino. Insieme ad altri leader dei più forti Paesi alleati degli Stati Uniti in Europa, la cancelliera tedesca Angela Merkel esprimendo un commento che riflette una fede radicata nella forza della democrazia negli Stati Uniti, ha comunque puntato il dito sul presidente Trump per la violenta irruzione al Campidoglio di Washington…”Queste immagini mi hanno molto rattristata “, ha detto la Merkel, parlando prima di un incontro online con i partner bavaresi del suo partito conservatore, l’Unione sociale cristiana. “Sono profondamente dispiaciuta che da novembre il presidente Trump non abbia accettato di aver perso, e non lo abbia fatto di nuovo ieri”, ha detto la cancelliera tedesca. Il rifiuto della sconfitta ha alimentato incertezze sull’esito delle elezioni e questo ha creato un’atmosfera che ha reso possibili gli eventi di ieri sera” ha aggiunto Angela Merkel, cresciuta nella Germania dell’Est comunista ha spesso manifestato ammirazione per gli Stati Uniti, anche di fronte alle tensioni tra Berlino e Washington durante gli oltre suoi 15 anni al potere.

“Quello che è successo oggi a Washington, non è l’America….“Crediamo nella forza delle nostre democrazie. Crediamo nella forza della democrazia americana “, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron in un discorso formale, ricordando i legami storici di lunga data tra il suo paese e gli Stati Uniti..

Gli Stati Uniti al centro della travolgente crisi pandemica e per molti versi al di là delle regole, secondo le idee di Trump , sta presentando al mondo un’immagine di fragilità. Una democrazia debole minata nelle proprie fondamenta rappresenta una minaccia anche per le democrazie occidentali. Le immagini di rivoltosi armati con bandiere blu pro-Trump che irrompono e vandalizzano nelle sale del Congresso hanno scioccato, rattristato e fatto arrabbiare molti in Europa dove le generazioni più anziane riconoscono ancora il ruolo americano svolto a garanzia della pace dopo lo spargimento di sangue di due guerre mondiali.