L’Est conservatore e nazionalista che preoccupa l’Europa

Conservatori e nazionalisti, l’Ungheria e la Polonia hanno ottenuto qualche vittoria in seno all’Unione Europea, tuttavia a causa della loro politica iniziano a vacillare all’interno dei loro rispettivi paesi, creando molti malcontenti tra i cittadini e non solo.

Al termine di un anno che ha destato non poche preoccupazioni al mondo intero e all’Europa, si intensificano i problemi con due uomini che da qualche anno a questa parte destabilizzano, non poco, l’Est europeo. 

Jarosław Aleksander Kaczynski a capo del partito Diritto e Giustizia in Polonia, che nell’ultimo mese sta scuotendo il paese a causa di un recente inasprimento della legge sull’aborto, e Viktor Orbàn l’attuale primo ministro ungherese sostenitore di un partito nazionalista, che sta adottando una nuova “politica culturale” improntata ai “valori”, destando il malcontento all’interno dell’Ungheria.

I due paesi, pur non confinando geograficamente, sembrano essere molto vicini di pensiero ideologico nonché politico.

Chiaramente conservatori e nazionalisti, sostenitori di un cattolicesimo più “estremo”, maschilisti non poco, hanno ottenuto qualche “vittoria” in fatto di UE, ma vacillano all’interno dei loro rispettivi paesi. 

Polonia e Ungheria hanno di recente ottenuto importanti vantaggi dall’Unione Europea attraverso un compromesso raggiunto a Bruxelles sullo stato di diritto, che vietava loro la ricezione dei benefici quali il Recovery Fund e il Bilancio dell’Unione Europa a causa del mancato rispetto delle regole democratiche, e al quale i due paesi si erano opposti. Dunque, dopo una serie di intense trattative, si è giunti all’introduzione di una nota interpretativa del Consiglio aggiunta al regolamento approvato dal Parlamento sullo stato di diritto, che permette ai governi polacco e ungherese di aggirare formalmente il veto da loro posto e ottenere i fondi europei, pur mantenendo inalterate le loro politiche interne.

Tuttavia pur non piegandosi all’Europa per le loro politiche non conformi alla democrazia, Budapest e Varsavia si ritrovano entrambe a fronteggiare problemi interni ai loro paesi, dove sono i cittadini stessi stavolta a non piegarsi ai due governi. 

Infatti a causa di una serie di leggi, di recente approvate, sia la Polonia che l’Ungheria sono costrette a tenere testa a vere e proprie rivoluzioni che stanno investendo entrambi i paesi. 

In Polonia l’inasprimento della legge sull’aborto, che vieta l’interruzione di gravidanza anche in gravi casi di malformazione del feto, ha aizzato le donne e uomini polacchi a manifestare per le strade di Varsavia, riversando il loro malcontento soprattutto sulla Chiesa polacca, ritenuta la principale fautrice di questa violazione contro i diritti delle donne.

Più a sud, in Ungheria, d’altro canto, il partito di governo FIDESZ ha approvato una legge che vieta l’adozione da parte di coppie non sposate, mentre la ministra Novak, una donna, invita le ungheresi, con uno spot audiovisivo, a non aspirare ad una parità di guadagno con gli uomini (altro punto dolente da molti anni in Ungheria). 

Ma sono i tentativi di “bonifica” di tutte le istituzioni culturali (partendo dai teatri) convertite al credo della destra estrema populista, da parte del governo ungherese, e di soffocamento della libertà di stampa, con l’acquisto di un editore indipendente da parte di una società statale, in Polonia, a destare maggiore preoccupazione. L’utilizzo di enti culturali nonché dei media, una volta privati, come spazio di propaganda ha un qualcosa di già visto ormai, un chiaro monito che dalla storia bisogna imparare a non ripetere gli errori del passato.

Pertanto la svolta che riporta i paesi dell’Est sulla via del rispetto dei diritti umani e sociali può partire solo dall’opinione pubblica. Esattamente come la grande mobilitazione delle donne in Polonia, così anche la recente coalizione di sei partiti dell’opposizione in Ungheria per le politiche 2022, uniti per far fronte a Orban, sono importanti segnali che c’è ancora un barlume di speranza.

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