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Burkina Faso, l’epicentro della crisi del Sahel.

Il Burkina Faso è uno Stato indipendente dal 1960, inizialmente con il nome di Alto Volta. La vita politica del Paese è stata caratterizzata inizialmente da una serie di colpi di stato fino all’arrivo di Blaise Compaoré nel 1987, che ha continuato a governare per ventisette anni prima di essere rovesciato da una rivolta popolare nel 2014. Marc Kabore, che è stato primo ministro e presidente del Parlamento sotto il Presidente Blaise Compaore, ha vinto le elezioni presidenziali del novembre 2015.

Proprio a partire dal 2015, il Burkina Faso ha conosciuto una esponenziale crescita del proselitismo e delle attività terroristiche, agevolate nel loro incremento e nel loro sviluppo dalla vicinanza dei fronti jihadisti in Mali e Niger, nonché dalla precarietà della situazione economica e politica nazionale.

Al pari degli altri Paesi del Sahel, anche il Burkina si è trasformato nel teatro delle operazioni del Jama’a Nusrat ul-Islam wa al-Muslimin’ (JNIM) o Gruppo per la Salvaguardia dell’Islam e dei Musulmani (GSIM), il cartello jihadista nato nel 2017 e che riunisce i gruppi armati salafiti attivi nella regione, precisamente: la brigata sahariana di al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI), al-Morabitoun, Ansar al-Din, il Fronte di Liberazione di Macina (FLM) e Ansarul Islam. Quest’ultimo è un movimento jihadista squisitamente burkinabè, fondato nel novembre 2016 da Malam Ibrahim Dicko, un predicatore attivo nella regione di Soum ed allievo di Amadou Kouffa, fondatore del Fronte di Liberazione di Macina[1] [1].

La costellazione dei gruppi terroristici in Burkina Faso è in costante evoluzione ed è marcata dalla competizione tra i gruppi affiliati ad Al-Qaeda e quelli che fanno, invece, riferimento all’ISIS. A tal proposito, il 7 gennaio 2020 l’IS (Islamic State), in un dettagliato rapporto pubblicato nel proprio settimanale al-Naba, ha rivelato di essere stato coinvolto in feroci scontri con i militanti di al-Qaeda in Mali e in Burkina Faso, similmente a quanto già avvenuto in Yemen, in Somalia e in Siria. Il report sconfessa l’idea, che stava prendendo piede negli anni passati, secondo cui i due gruppi avrebbero collaborato nell’area[2] [2].

Sicurezza e numeri della crisi jihadista

La situazione di sicurezza del Burkina Faso si è negli ultimi anni aggravata a tal punto da portare alcune fonti ad affermare che il Burkina sia diventato l’epicentro della crisi della sicurezza nel Sahel[3] [3].

Tra l’inizio della ‘crisi jihadista’ nel 2015 e la fine del 2019 si sono registrati circa 1100 morti in almeno 620 attacchi, secondo quanto riportato dai ricercatori dell’Armed Conflict Location & Event Data Project[4] [4]. Secondo la stessa fonte, le forze statali hanno ormai perso il controllo di alcune parti del territorio, ora sotto l’egida dei miliziani jihadisti. Si tratta in particolare della provincia settentrionale del Soum. Diversamente i territori ancora contestati sono quelli di Oudalan, Yagha e Seno, nonché le regioni del nord, centro nord ed est del Paese.

Nell’est i gruppi jihadisti si sono alleati con reti criminali preesistenti. Lì, tali gruppi approfittano della libertà di movimento, controllano apertamente e occupano il territorio degli stabilimenti artigianali d’oro, gestendo falsi posti di controllo alla ricerca di personale militare e di sicurezza e di impiegati dello Stato[5] [5]. In questa regione, inoltre, gli assalti sporadici hanno lasciato il posto a regolari attacchi mortali.[6] [6]

Il World Factbook della CIA evidenzia come il Paese sia stato teatro di attacchi terroristici avvenuti nella capitale nel 2016, 2017 e 2018 e continua ad essere vittima della minaccia terroristica principalmente nelle regioni settentrionali e orientali[7] [7].

Le prime azioni terroristiche di rilievo sul territorio risalgono, in effetti, al 2016 da parte del gruppo Ansarul Islam. Il gruppo è considerato responsabile del clamoroso attacco alle forze militari a Nassoumbou, dove furono uccisi 12 membri delle forze di sicurezza burkinabé. [8] [8]

Se fino al 2018, la maggior parte di queste azioni portavano la firma del movimento qaedista Gruppo di Supporto all’Islam e ai Musulmani (GSIM), nel 2019 si è stato registrato un notevole incremento delle incursioni dello Stato Islamico del Grande Sahara (SISG), mentre quelle di Ansarul Islam sono quasi dimezzate. Un dato questo che secondo alcuni testimonia un progressivo trasferimento di miliziani da Ansarul Islam al SISG a causa di tre elementi: il maggior richiamo simbolico e propagandistico della sigla del Califfato, le maggiori risorse a disposizione del network di Daesh e, soprattutto, il forte investimento che l’organizzazione guidata da al-Saharoui ha fatto sulla radicalizzazione dei Fulani[9] [9].

Giova ad ogni modo precisare che Ansarul Islam e lo SIGS condividono la medesima area operativa, la regione del Sahel, ed il loro principale bacino di reclutamento e supporto è rappresentato dalla popolazione seminomade di etnia Fulani, maggioritaria nelle aree settentrionali del Paese, ma minoritaria in termini assoluti nel resto del Burkina Faso. La sistematica esclusione dei Fulani dalla vita politica, economica e sociale del Paese ha favorito la crescita di un diffuso malcontento, su cui le milizie jihadiste hanno innestato una narrativa ibrida fatta di rivendicazioni etniche, politiche, economiche e religiose.[10] [10]

Oltre all’aumento di accoliti ed attacchi, desta particolare preoccupazione l’evidente incremento capacitivo dei movimenti jihadisti burkinabè, le cui operazioni rivelano un sempre maggiore grado di sofisticazione che ha fatto sì che si pensasse anche all’appoggio da parte di organizzazioni esterne, provenienti da Paesi limitrofi. [11] [11]

In particolare, negli ultimi mesi (2020), i media dello Stato Islamico hanno spesso rivendicato alcuni attacchi realizzati dallo SIGS come operazioni di Boko Haram, alimentando le ipotesi di una crescente collaborazione tra i due fronti dello Stato Islamico. In quest’ottica e in virtù delle tecniche operative attuate, i jihadisti dello Stato Islamico che operano in Burkina Faso sembrerebbero beneficiare di un maggiore contributo addestrativo proveniente dall’estero, nella fattispecie da Boko Harm[12] [12].

Connotazioni socio-politiche-religiose degli attentati

L’incremento nel bagaglio capacitivo dei movimenti jihadisti del Burkina Faso è emerso con forza dai feroci attentati che hanno insanguinato la capitale Ouagadougou negli ultimi tre anni. Nel gennaio 2016, nell’agosto 2017 e nel marzo 2018 commando jihadisti hanno assaltato obiettivi istituzionali e militari, sia nazionali che stranieri (su tutti l’ambasciata e il centro culturale francesi) nonché target civili, come ristoranti ed alberghi, molto frequentati da cittadini di origine europea ed asiatica. Nell’agosto 2017, le milizie jihadiste hanno mirato diversi luoghi di aggregazione della capitale, frequentati in larga misura da cittadini stranieri. Se da un lato le organizzazioni terroristiche hanno fatto leva sulla frustrazione e l’isolamento sociale dei fulani, pronti ad imbracciare le armi per garantirsi il loro diritto allo sfruttamento della terra, dall’altro, sempre più spesso negli ultimi mesi, le loro operazioni hanno assunto la connotazione di una vera e propria guerra di religione, avendo come principale obiettivo le comunità cristiane. E’ indubbio, quindi, che gli attacchi “avvengono in una cornice ideologica e simbolica che racchiude rivendicazioni socio-politiche ed economiche decisamente più profonde e articolate”[13] [13].

A tal proposito, come riportato nelle analisi della ONG ACAPS, gli attacchi alle chiese cristiane che si sono registrati a partire dalla fine del 2019, non riflettono solo una crescita nelle capacità dei jihadisti della regione, ma dicono tanto anche quanto alle responsabilità dello Stato e alle radici degli scontri. Se da un lato, tali attacchi risentono delle tensioni nel vicino Mali e si sono evoluti parallelamente all’evolversi della situazione di quel Paese, passando da semplici conflitti a vere e proprie insurrezioni in cui le esecuzioni sommarie e le atrocità di massa sono divenute una pratica standard[14] [14]; dall’altro essi offrono una cartina di tornasole quanto al comportamento che lo Stato burkinabè ha assunto nei confronti delle sue stesse comunità. Stando alla medesima fonte, lo Stato del Burkina Faso avrebbe fallito nel proteggere alcune comunità (vedi i fulani) che si sarebbero così dotate di milizie di autodifesa costituite su base etnica, finendo con il creare forti fratture all’interno del tessuto sociale e ingenerando una sorta di circolo vizioso nella relazione tra le varie comunità. In conseguenza di questo circolo vizioso i conflitti si sono brutalizzali e le violenze tra comunità si sono intensificate, con un effetto negativo sulla popolazione e sulle forze di sicurezza che hanno perso il controllo effettivo dei territori. La tattica del governo ha fatto sì che i jihadisti potessero presentarsi come i difensori di queste comunità che si sentivano abbandonate dallo Stato, agevolando le loro campagne di arruolamento, il che spiega l’ampio diffondersi della militanza jihadista all’interno di alcune parti della popolazione.

Mancanza di protezione statale

Il fallimento delle autorità burkinabè rispetto all’obiettivo di stabilizzare la situazione di sicurezza del Paese, nonostante il lancio di operazioni su larga scala per riassumere il controllo delle aree in conflitto, è dipeso principalmente dalla mancanza di risorse e dall’uso di mezzi inadeguati che si sono sostanziati spesso in violazioni dei diritti umani. A tal proposito, Human Rights Watch ha documentato una serie violazioni dei diritti umani ed esecuzioni extragiudiziali ad opera delle forze di sicurezza durante le operazioni contro i gruppi terroristici: tali operazioni si sarebbero trasformate  in attacchi indiscriminati contro la popolazione, definite come vere e proprie atrocità dalla stessa ONG[15] [15], e avrebbero costretto migliaia di abitanti alla fuga dai villaggi[16] [16]. In diverse situazioni, i militari sono stati sospettati di aver preso aprioristicamente di mira la minoranza dei fulani musulmani (che rappresentano il 6% della popolazione), con l’accusa di aver supportato i gruppi estremisti islamici. Questo atteggiamento, come sopra indicato, non ha fatto altro che riaccendere le tensioni tra le diverse comunità specialmente nella vasta area di Liptako-Gourma[17] [17], rischiando di minare seriamente ogni tentativo di ristabilire la pace nella regione.[18] [18]

La popolazione civile ha dimostrato il malcontento nei confronti della scarsa ed inefficace risposta delle autorità statali, e la combinazione di povertà, mancanza di servizi pubblici ed inefficienza/corruzione delle forze di sicurezza nel ristabilire la pace, sono tra i fattori che alimentano il fenomeno della radicalizzazione.[19] [19]

“La diffusa frustrazione per l’assenza di lavoro e la carenza di infrastrutture ha reso il Burkina Faso un terreno fertile per l’arruolamento dei jihadisti, per cui si sono creati numerosi piccoli gruppi, non tutti affiliati alle organizzazioni più grandi o che abbiano giurato fedeltà all’ideologia islamica. Secondo The Economist, molti stanno in realtà combattendo per la terra o contro la corruzione del governo, ma adottano il cappello “jihadista” solo perché sono musulmani” [20] [20]

Dimensione regionale del fenomeno

La dimensione interna e le radici sociali del conflitto, come sopra accennato, non devono ad ogni modo far dimenticare il contesto geografico generale entro cui si inserisce il Burkina Faso: “le cause della crescita delle attività terroristiche sono anche il risultato di fattori esogeni. Le instabilità del contesto regionale, dovute alla presenza di una fitta rete jihadista nelle nazioni confinanti, ha creato forti ripercussioni anche all’interno dei confini del Burkina Faso. Nello specifico, il centro nevralgico del network qaedista è localizzato in Mali, divenuto terreno propizio per le principali organizzazioni jihadiste in seguito allo scoppio della guerra civile del 2011 e al collasso dell’apparato di sicurezza nazionale. In aggiunta, a favorire il processo di ramificazione islamista, vi è una profonda similarità tra le problematiche interne dei Paesi confinanti con il Mali. Difatti, le nazioni che occupano la fascia saheliana sono caratterizzate da un panorama politico nazionale piuttosto intricato e attraversato da simili tensioni etnico-sociali. Per fermare il proselitismo jihadista in Burkina Faso, è quindi indispensabile dover porre uno sguardo onnicomprensivo sull’intera fascia del Sahel. I governi del Burkina Faso, insieme al Mali, la Mauritania, il Niger e il Ciad hanno creato nel febbraio 2014 il G5 Sahel, un forum istituzionale per la cooperazione dell’Africa occidentale. L’obiettivo è di incrementare la cooperazione securitaria tra le nazioni al fine di combattere l’avanzata della minaccia terroristica. Al G5 si affiancano diverse missioni volte alla neutralizzazione del fenomeno jihadista, quali: l’Operazione francese Barkhane, la missione ONU MINUSMA (Mission multidimensionnelle intégrée des Nations unies pour la stabilisation au Mali) e la missione europea EUCAP SAHEL MALI, estesa al territorio del Burkina Faso. Nel quadro della cooperazione transfrontaliera nella regione del Sahel, appare chiaro l’impegno della Comunità Internazionale volta a rafforzare le capacità operative nazionali nelle attività di contrasto all’avanzata qaedista. Tuttavia, le missioni internazionali non sembrano abbastanza efficaci per rallentare la crescita del jihadismo. In effetti, la complessità del fenomeno e le molteplici criticità che ne sono all’origine mettono in chiara luce la necessità di dover lavorare su più fronti per favorire un processo di stabilizzazione interno alle nazioni. Lo sviluppo di un sistema di governance efficiente e la promozione dell’inclusività sociale sono prioritari per la risoluzione delle cause più profonde della radicalizzazione. Sarà pertanto necessario ridefinire le strategie di cooperazione trans-nazionale, favorendo il dialogo all’interno delle comunità tribali e ricostruendo un rapporto diretto tra la società civile e le istituzioni nazionali”.[21] [21]

Stato di emergenza e crisi umanitaria

A causa dell’elevato numero di attacchi terroristici, alla fine del 2018, il governo ha dichiarato lo stato d’emergenza in quasi un terzo delle province del paese (14 su 45), rinnovandolo ulteriormente a giugno 2019.

The New Humanitarian (ex IRIN News) in un documento del 17 Aprile 2019 ha riportato che “gli attacchi di matrice islamista e le operazioni militari di risposta agli stessi hanno causato centinaia di morti e decine di migliaia di sfollati a partire da Gennaio 2019, determinando una crisi umanitaria senza precedenti.[22] [22]

Ad aprile 2019 l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha ritenuto che «gli indicatori umanitari [non avessero] ancora raggiunto livelli di emergenza, ma che la situazione degli sfollati poteva deteriorarsi rapidamente nel caso in cui la situazione [fosse rimasta] al livello attuale”.[23] [23]

In una scheda del 26 aprile 2019, l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari del Segretariato delle Nazioni Unite (OCHA) riporta, tra gennaio 2018 e marzo 2019, 364 incidenti di sicurezza, 394 persone uccise e 198 persone ferite. Il 25 maggio 2019, il Burkina Faso aveva già vissuto tanti eventi violenti perpetrati dai jihadisti come durante tutto l’anno 2018.[24] [24]

Il portavoce dell’UNHCR, Andrew Mbogori, nel suo report datato 11 ottobre 2019 ha riferito che in un anno più di 500 persone sono morte in 472 attacchi terroristici e/o a causa di operazioni militari di riposta. Alla stessa data risultavano quasi 500 mila persone sfollate all’interno del Paese e altre 16 mila fuggite nei Paesi limitrofi. [25] [25]

Conseguenze pratiche (sfollati, sanità, risorse alimentari)

Nel Global Humanitarian Overview l’OCHA (l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari) ha definito il Burkina Faso un Paese in “emergenza”: “la crescente insicurezza ha comportato un rapido aumento degli sfollati [26]: secondo il Consiglio nazionale per gli aiuti di emergenza, il numero di sfollati interni è passato da 87mila a gennaio a 220mila (l’85% di donne e  bambini) a giugno 2019, con un incremento del 153%.[26] [27] Il numero degli sfollati a maggio 2020 era arrivato a 920.000. In tutto, 5.2 milioni di persone sono colpite dal conflitto e circa 2.2 milioni hanno bisogno di assistenza. Uno stato di vera e propria emergenza colpisce ormai 14 provincie nelle regioni di confine. [27] [28]

L’emergenza umanitaria conseguente al conflitto sta evidentemente impattando sul sistema di istruzione e sanitario del territorio, determinando anche una crisi abitativa. [28] [29]

L’accesso al sistema sanitario data la situazione di conflitto è divenuto particolarmente problematico per le popolazioni rurali, che devono viaggiare per lunghe distanze per poter fruire delle prestazioni, andando incontro ai rischi connessi agli spostamenti.[29] [30] Il settore soffre inoltre in ragione dello stato delle infrastrutture e per la mancanza di equipaggiamento medico. Lo stato di insicurezza ha determinato la chiusura di diverse strutture, i gruppi armati ne hanno bruciate altre rubando medicine e altri materiali sanitari. La carenza del personale medico è un altro problema, dal momento che molti degli operatori sanitari sono fuggiti verso aree più sicure. A settembre 2019, 60 presidi sanitari erano chiusi e 65 solo parzialmente funzionanti, lasciando senza cure mediche circa 626.000 persone[30] [31]. A giugno 2020, 133 presidi sanitari sono stati chiusi a causa delle violenze e 156 risultano parzialmente funzionanti, così che circa 1.5 milioni di persone risultano senza assistenza sanitaria.[31] [32]

Si immagina che il conflitto avrà seri effetti sulla salute psicosociale delle popolazioni, specie degli sfollati.[32] [33]

L’UNHCR ha stimato che, solo nelle ultime tre settimane (tra Gennaio e Febbraio 2020) gli attacchi mortali nei villaggi in Burkina Faso hanno costretto 150.000 persone ad abbandonare le proprie case.[33] [34]

Sia gli sfollati che le persone che vivono in zone interessate dai conflitti hanno grosse difficoltà d’accesso ai servizi medici e sanitari di base, e l’attuale instabilità aggrava anche la condizione di vulnerabilità della popolazione in termini di salute e sicurezza alimentare.

La maggioranza della popolazione in Burkina Faso vive grazie all’agricoltura e alle riserve che da questa derivano. L’insicurezza nell’accesso ai mercati e ai campi, crea quindi non pochi problemi. Le persone non solo rischiano di essere attaccate mentre lavorano i campi o fanno rifornimento ai mercati, ma si trovano a priori limitate nei loro movimenti a causa dello stato di emergenza che impedisce l’uso di alcuni veicoli (persino quelli utilizzati per il trasporto dei medicinali o per gli aiuti umanitari[34] [35]).

Nelle aree colpite dalla violenza, le attività agricole si sono ridotte in una misura compresa tra il 20 e il 70%, se paragonate ai valori del periodo 2017/2018. Anche gli allevamenti, data la difficoltà di effettuare la transumanza delle mandrie, sono stati fortemente colpiti e subiscono anche gli effetti di furti e atti di criminalità, che costituiscono l’effetto collaterale del conflitto. A ciò si aggiunge il fatto che a causa delle piogge insufficienti, il raccolto della stagione 2019-2020 ha avuto un crollo tra il 6 e il 15 % rispetto agli anni precedenti.[35] [36]

In generale l’instabilità, sommata alle restrizioni imposte dal COVID-19, stanno determinato una situazione di insicurezza alimentare senza precedenti. L’intera regione del Sahel si prevede che dovrà fronteggiare una malnutrizione acuta-grave (con un numero di bambini malnutriti tra il 15 e il 22.9%), con dati più preoccupanti per le aree del Sahel, Centro-Nord, Est, Centro-Est, Nord, Boucle du Mouhoun, Centro-Ovest.[36] [37]

Le aree in cui stanno cercando ospitalità gli sfollati, inoltre, iniziano a soffrire le conseguenze di una rinnovata competizione nell’accesso alle risorse. Dagli accertamenti compiuti dalla FAO e dall’UNHCR, risulta infatti che il 50% degli sfollati sono disoccupati e solo il 25% ha accesso a condizioni di vita precarie, lavorando a giornata.[37] [38]

L’incapacità dello Stato di fornire protezione ai propri cittadini emerge dalle stesse dichiarazioni delle forze di sicurezza: a metà settembre queste si sono ritirate dalla città di Djibo, dichiarando di ritrovarsi scarsamente equipaggiate e quindi non in grado di affrontare la grave situazione di insicurezza. A questo deve aggiungersi che i servizi sociali legati alla salute e all’istruzione si sono significativamente ridotti nelle regioni del Sahel, di Nord, Centro- Nord, Est, Boucle du Mouhoun and Centre Est, proprio come conseguenza della progressiva perdita di controllo sui territori da parte delle forze governative[38] [39].

Lo stesso Presidente Kaboré ha ammesso davanti alle Nazioni Unite che “il livello di violenza raggiunto e l’insicurezza hanno provocato una crisi umanitaria con il risultato che migliaia di sfollati interni, scuole e centri sanitari sono stati chiusi e i simboli dello stato distrutti”.[39] [40]

La crisi è dunque profonda è ha raggiunto livelli pericolosamente instabili. Le ripercussioni potrebbero essere devastanti sia da un punto di vista politico-economico (vedi la recente situazione del Mali e del colpo di Stato) sia da un punto più prettamente sociale e umano, con la crisi umanitaria e sanitaria (non riducibile esclusivamente al COVID-19) che imperversano a braccetto ai danni della popolazione.

Foto di Anton Wagner [41] da Pixabay [42] 


[1] [43]    BBC, Burkina Faso’s war against militant Islamist, 30 maggio 2019, https://www.bbc.com/news/world-africa-39279050 [44], consultato il 14 agosto 2020.

[2] [45]             BBC, Africa’s Sahel becomes latest al-Qaeda-IS battleground,11 maggio 2020, https://www.bbc.com/news/world-africa-52614579 [46], consultato il 14 agosto 2020.

[3] [47]    D. Eizenga per l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), The current state of insecurity in Burkina Faso, 9 Settembre 2019 https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/current-state-insecurity-burkina-faso-23840 [48], consultato il 17 agosto 2020; J. Penney per Quartz Africa, Burkina Faso has replaced Mali at the epicenter of the Sahel’s security crisis, 27 Novembre 2019 https://qz.com/africa/1756917/burkina-faso-has-replaced-mali-at-heart-of-sahel-security-crisis/ [49], consultato il 17 agosto 2020; Global Protection Cluster , Map on security incidents in the Sahel region from 1 January to 30 June 2019, https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/bkf_incidents_securite_sahel_30_juin_2019.pdf [50], consultato il 14 agosto 2020.

[4] [51]    ACLED, Ten conflicts to worry about in 2020. The Sahel: High risk of conflicts diffusing and infecting neighbors, Gennaio 2020 https://acleddata.com/acleddatanew/wp-content/uploads/2020/01/ACLED_TenConflicts2020_FinalWeb.pdf [52], consultato il 17 agosto 2020; ACLED, 17/01/2019, disponibile al sito: https://www.acleddata.com/2019/01/17/insecurity-in-southwestern-burkina-faso-in-the-context-of-an-expanding-insurgency/ [53], consultato il 17 agosto 2020.

[5] [54]    ACLED, 17/01/2019, disponibile al sito: https://www.acleddata.com/2019/01/17/insecurity-in-southwestern-burkina-faso-in-the-context-of-an-expanding-insurgency/ [53], consultato il 17 agosto 2020.

[6] [55]    Le Monde (Douce S.), 22/02/2019, accessibile al sito: https://www.lemonde.fr/international/article/2019/02/22/rinaldo-depagne-au-burkina-faso-les-groupes-armes-ont-trouve-un-maillon-faible_5426785_3210.html [56] consultato il 17 agosto 2020.

[7] [57]             CIA- Central Intelligence Agency-The World Factbook, Africa, Burkina Faso, updated June 04, 2019 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/uv.html [58], consultato il 17 agosto 2020.

[8] [59]    Rinaldo Depagne Project Director, West Africa ICG International Crisis Group – Commentary Afric,  “Burkina Faso’s Alarming Escalation of Jihadist Violence, 5 marzo 2018,  https://www.crisisgroup.org/africa/west-africa/burkina-faso/burkina-fasos-alarming-escalation-jihadist-violence [60], consultato il 17 agosto 2020.

[9] [61]             ACLED, Insecurity in Southwestern Burkina Faso in the context of an expanding insurgency, https://acleddata.com/2019/01/17/insecurity-in-southwestern-burkina-faso-in-the-context-of-an-expanding-insurgency/ [62], consultato il 14 agosto 2020.

[10] [63]          ACLED, A vicious cycle: the reactionary nature of militant attacks in Burkina Faso and Mali,  https://acleddata.com/2019/05/31/a-vicious-cycle-the-reactionary-nature-of-militant-attacks-in-burkina-faso-and-mali/ [64] , 14 agosto 2020.

[11] [65]  The Guardian, Sahel faces surge in violence from terror attacks, 22 gennaio 2020, in, https://www.theguardian.com/world/2020/jan/22/sahel-faces-surge-in-violence-from-terror-attacks [66], consultato il 17 agosto 2020.

[12] [67] E. Oddi, Centro Studi Internazionali, Il Burkina Faso nell’occhio del ciclone jihadista, 12 marzo 2020, in  https://www.cesi-italia.org/articoli/1085/il-burkina-faso-nellocchio-del-ciclone-jihadista [68] , consultato il 14 agosto 2020.

[13] [69]          S. Montagna, Centro Studi Internazionali, L’Avanzata Jihadista nel Burkina Faso, 23 agosto 2019, in https://www.cesiitalia.org/articoli/1007/lavanzata-jihadista-nel-burkina-faso [70], consultato il 13 agosto 2020.

[14] [71]  ACAPS, Burkina Faso, Escalation of armed violence, novembre 2019,  in https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/20191101_acaps_briefing_note_conflict_in_burkina_faso.pdf [72], consultato il 14 agosto 2020.

[15] [73]  Human Rights Watch ,We found their bodies later that day, 22 Marzo 2019 https://www.hrw.org/report/2019/03/22/we-found-their-bodies-later-day/atrocities-armed-islamists-and-security-forces [74], consultato il 17 agosto 2020.

[16] [75]  Ibid.

[17] [76]  Human Rights Watch, Burkina Faso: Atrocities by Armed Islamists, Security Forces, Dramatic Increase in Rights Abuse in Northern Sahel Region, marzo 2019, in https://www.hrw.org/news/2019/03/22/burkina-faso-atrocities-armed-islamists-se [77]curity-forces [77] , consultato il 17 agosto 2020.

[18] [78]  J. Penney per Quartz Africa, Burkina Faso has replaced Mali at the epicenter of the Sahel’s security crisis, 27 Novembre 2019 https://qz.com/africa/1756917/burkina-faso-has-replaced-mali-at-heart-of-sahel-security-crisis/ [49], consultato il 17 agosto 2020.

[19] [79]  Human Rights Watch, “Le jour nous avons peur de l’armée, et la nuit des djihadistes” – Abus commis par des islamistes armés et par des membres des forces de sécurité au Burkina Faso, 21 Maggio 2018 https://www.hrw.org/fr/report/2018/05/21/le-jour-nous-avons-peur-de-larmee-et-la-nuit-des-djihadistes/abus-commis-par-des [80], consultato il 17 agosto 2020.

[20] [81]  BBC, Burkina Faso’s war against militant Islamist, 30 maggio 2019, https://www.bbc.com/news/world-africa-39279050 [44], consultato il 14 agosto 2020.

[21] [82]          S. Montagna, Centro Studi Internazionali, L’Avanzata Jihadista nel Burkina Faso, 23 agosto 2019, in https://www.cesiitalia.org/articoli/1007/lavanzata-jihadista-nel-burkina-faso [70], consultato il 13 agosto 2020.

[22] [83]  The New Humanitarian (Formerly IRIN News), Burkina Faso, part 1: Spreading violence triggers an ‘unprecedented’ crisis, 17 April 2019, https://www.thenewhumanitarian.org/news/2019/04/17/spreading-violence-triggers-unprecedented-crisis-burkina-faso [84], consultato il 17 agosto 2020.

[23] [85]  UNHCR, Genève. Country operation update, Burkina Faso, 12.04.2019, in http://reporting.unhcr.org/node/8657 [86], consultato il 17 agosto 2020.

[24] [87] ACLED, Ten conflicts to worry about in 2020. The Sahel: High risk of conflicts diffusing and infecting neighbors, Gennaio 2020 https://acleddata.com/acleddatanew/wp-content/uploads/2020/01/ACLED_TenConflicts2020_FinalWeb.pdf [52], consultato il 17 agosto 2020.

[25] [88]  Andrew Mbogor, UNHCR spokesperson, 11 ottobre 2019, in https://www.unhcr.org/news/briefing/2019/10/5da03eee4/conflict-violence-burkina-faso-displaces-nearly-half-million-people.html [89], consultato il 17 agosto 2020. Sul punto si vedano anche: IASC (Inter Agency Standing Committee), Emergency Directors mission to Burkina Faso: Stronger International Support Needed as Humanitarian Crisis Deepens, 11 ottobre 2019, in https://interagencystandingcommittee.org/emergency-directors-group/iasc-emergency-directors-mission-burkina-faso-stronger-international [90], consultato il 17 agosto 2020; L. Schlein, Voa News, UN: Escalating Violence in Burkina Faso Displaces 500,000, 11 ottobre 2019, in https://www.voanews.com/africa/un-escalating-violence-burkina- [91]faso-displaces-500000 [91], consultato il 17 agosto 2020.

[26] [92]  UNOCHA, Global Humanitarian Overview 2020, in https://www.unocha.org/sites/unocha/files/GHO-2020_v9.1.pdf [93], consultato il 17 agosto 2020.

[27] [94]          ACAPS, Burkina Faso, Crisis, 30 giugno 2020. https://www.acaps.org/country/burkina-faso/crisis/conflict [95], consultato il 17 agosto 2020.

[28] [96]  OCHA, BURKINA FASO: Armed attacks in Arbinda, Flash Update No. 2, 16 April 2019 https://www.humanitarianresponse.info/sites/www.humanitarianresponse.info/files/documents/files/arbinda_flash_update_2_- [97]_en.pdf [97] , consultato il 17 agosto 2020.

[29] [98]  OCHA, Situation report, 11 settembre 2019, in https://reliefweb.int/report/burkina-faso/burkina-faso-situation-report-11-sep-2019 [99] , consultato il 17 agosto 2020; ACAPS, Burkina Faso, Escalatio n of conflict, in https://www.acaps.org/country/burkina-faso [100]., consultato il 17 agosto 2020.

[30] [101]  ACAPS, Ibid.

[31] [102]  ACAPS, Burkina Faso, 30 giugno 2020, in https://www.acaps.org/country/burkina-faso [100]., consultato il 17 agosto 2020.

[32] [103]  Le Monde, Au Burkina Faso, le difficile exil des rescapés du terrorisme, 18 marzo 2020, in

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2019/03/18/au-burkina-faso-le-difficile-exil-des-rescapes-du-terrorisme_5437871_3212.html, consultato il 17 agosto 2020.

[33] [104]          UN News, Escalating Burkina Faso violence brings wider Sahel displacement emergency into focus, 21 Febbraio 2020 https://news.un.org/en/story/2020/02/1057831 [105]; cfr. anche  Internal Displacement Monitoring Center, 2019 Severity Assessments – Thematic Report, Febbraio 2020 https://reliefweb.int/report/world/2019-severity-assessments-thematic-report [106] e Medici Senza Frontiere, MSF scales up assistance to people displaced by increasing violence in Burkina Faso, 24 Febbraio 2020 https://www.doctorswithoutborders.org/what-we-do/news-stories/story/msf-scales-assistance-people-displaced-increasing-violence-burkina [107] . Consultati il 17 agsoto 2020.

[34] [108]  UNHCR, Burkina Faso, La perdurante situazione di insicurezza ostacola gli aiuti umanitari, 12 marzo 2019, in https://www.unhcr.it/news/burkina-faso-la-perdurante-situazione-insicurezza-ostacola-gli-aiuti-umanitari.html [109], consultato il 17 agosto 2020.

[35] [110]  ACAPS, Burkina Faso, 30 giugno 2020, in https://www.acaps.org/country/burkina-faso [100]., consultato il 17 agosto 2020.

[36] [111]  Ibid.

[37] [112]  FAO, Burkina Faso, Response  Overview, October 2019, in http://www.fao.org/3/ca6362en/ca6362en.pdf [113], consultato il 17 agosto 2020; OCHA, Plan de Reponse Humataire 2019, Luglio 2019, https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/BFA-HWP-201907-Web%20%282%29.pdf [114] , consultato il 14 agosto 2020.

[38] [115]  ACAPS, Burkina Faso, Escalation of armed violence, novembre 2019,  in https://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/20191101_acaps_briefing_note_conflict_in_burkina_faso.pdf [72], consultato il 14 agosto 2020.

[39] [116]          ONU Info, La dégradation sécuritaire au Burkina Faso discutée à la Commission de consolidation de la paix de l’ONU, 26 Settembre 2019 https://news.un.org/fr/story/2019/09/1052702 [117], consultato il 17 agosto 2020.