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La Cina continua ad oscurare i fatti relativi al genocidio degli uiguri

Il trattamento riservato agli uiguri e alle altre minoranze musulmane in Cina può equivalere a crimini contro l’umanità e a genocidio, poiché si tratta di un tentativo di cancellazione etnica e sociale a lungo termine. Questo è il concetto espresso negli anni da numerose agenzie e organizzazioni di difesa dei diritti umani.

La popolazione uigura, musulmani di origine turcofona, è costituita da 12 milioni di individui, di cui il 94% è residente nella regione autonoma dello Xinjiang (XUAR) in Cina, dove costituiscono una esigua minoranza (0,8%).

Sotto l’egida dell’URSS la popolazione uigura ha tentato nel 1934 e nel 1944 di guadagnare l’autodeterminazione e l’autonomia del Paese, senza tuttavia alcun esito positivo.

Infatti, con il pretesto di combattere l’estremismo religioso e il terrorismo, allora come negli ultimi anni il governo cinese e le autorità della regione autonoma uigura dello Xinjiang (XUAR) hanno aumentato la repressione dei membri della comunità etnica uigura, dei kazaki, dei kirghisi e di altre minoranze musulmane. Le politiche della Cina hanno portato a detenzioni arbitrarie su larga scala, a severe restrizioni della pratica religiosa e a una pervasiva sorveglianza della popolazione musulmana del Paese. Circa 1 milione di uiguri e altre minoranze musulmane sono attualmente detenuti in strutture di “rieducazione” o di “destituzione” senza accuse formali o un giusto processo. Durante il mese di agosto Buzzfeed News ha riferito che dal 2017 la Cina ha costruito 286 complessi nello XUAR, ognuno dei quali contiene diverse strutture di detenzione, per ospitare “la più grande detenzione di minoranze etniche e religiose dalla Seconda guerra mondiale”. Il 1° marzo l’Australian Strategic Policy Institute ha riferito che oltre 80.000 uiguri lavorano anche in “condizioni che suggeriscono fortemente il lavoro forzato”, con molti trasferiti direttamente dai campi di detenzione alle fabbriche in tutta la Cina. Queste fabbriche fanno parte di catene di fornitura che forniscono beni a 83 marchi globali, tra cui Apple, BMW e Samsung. Il 19 luglio 2020 il New York Times ha identificato le aziende in Cina che utilizzano il lavoro forzato degli uiguri per produrre maschere facciali e altre forniture mediche che sono state vendute a livello globale durante la pandemia COVID-19. Il governo cinese sta anche conducendo una campagna per ridurre i tassi di natalità tra gli uiguri e le altre popolazioni musulmane dello XUAR. Secondo le indagini, la pratica del controllo forzato delle nascite è diffusa e sistematica nello Xinjiang dal 2017 e comprende aborti forzati e sterilizzazioni. Secondo quanto riferito, il governo ha anche separato quasi mezzo milione di bambini musulmani dalle loro famiglie, spesso negando l’accesso alle informazioni sulla loro posizione. La Cina ha anche esteso la sua sorveglianza pervasiva in tutto lo XUAR. Le autorità controllano la vita quotidiana di quasi tutti gli uiguri raccogliendo il DNA durante i controlli medici, sorvegliando le comunicazioni mobili e online e installando un sistema di tracciamento GPS su tutti i veicoli. I dati vengono utilizzati per tracciare un profilo degli individui prima di inviarli ai campi di “rieducazione”. Durante il mese di febbraio l’Associated Press ha pubblicato informazioni trapelate da un database di profilazione dei detenuti della contea di Karakax, XUAR. Il database dimostra che il governo cinese si è concentrato sulla devozione religiosa come uno dei motivi principali della detenzione, compreso l’impegno in attività ordinarie come il digiuno, la preghiera o la frequentazione regolare della moschea. Inoltre, gli uiguri dello Xinjiang sono puniti per il comportamento dei loro familiari all’estero. Le autorità si sono anche impegnate nella distruzione sistematica del patrimonio culturale uiguro. Almeno 100 cimiteri, santuari e moschee storiche uiguri sono stati parzialmente distrutti o completamente demoliti in tutto lo XUAR. Queste misure sono state imposte in concomitanza con l’aumento delle restrizioni alla pratica religiosa. Nel marzo 2017 le autorità dello XUAR hanno approvato il “Regolamento sulla deestremizzazione”, che vieta una serie di comportamenti “estremi”, come le barbe “anomale”. Documenti governativi trapelati rivelano che la repressione nello Xinjiang è stata il risultato di pressioni da parte di alti funzionari, tra cui il presidente Xi Jinping, che nel 2014 ha chiesto una “lotta contro il terrorismo, l’infiltrazione e il separatismo” da condurre con “assolutamente nessuna pietà”. Il segretario del Partito comunista dello XUAR, Chen Quanguo, ha successivamente intensificato la persecuzione degli uiguri e ampliato i campi di detenzione.

Il governo statunitense stima che dall’aprile 2017 il governo della Repubblica Popolare Cinese abbia arbitrariamente detenuto più di un milione di uiguri, kazaki, hui e membri di altri gruppi musulmani, così come cristiani uiguri, in campi di internamento appositamente costruiti o convertiti nello Xinjiang e li abbia sottoposti a sparizioni forzate, indottrinamento politico, tortura, abusi fisici e psicologici, tra cui sterilizzazione forzata e abusi sessuali, lavoro forzato e detenzione prolungata senza processo a causa della loro religione e della loro etnia. Ci sono state segnalazioni di persone morte a seguito di lesioni subite durante gli interrogatori.

Siamo dunque di fronte a un caso che ha pochissima incidenza mediatica, soprattutto in occidente, a causa dell’oscurantismo del governo cinese sulle questioni inerenti la propria popolazione e il proprio territorio. Tale questione assume gran rilievo, come espresso dal NYT nell’articolo sopra riportato, se si considera che le mascherine e gli altri dispositivi di protezione (PPE) di cui noi tutti oggi usufruiamo per proteggerci, vengono prodotti da persone che, insieme a molti altri diritti fondamentali, la loro vita rischiano di perderla.