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Il caso di Jamal Khashoggi: un omicidio dalle conseguenze internazionali

Il 2 ottobre il giornalista saudita Jamal Khashoggi entra nel consolato del suo paese a Istanbul e a partire da quel momento non si hanno più sue notizie.

Khashoggi era una voce molto conosciuta a livello internazionale, in particolare per le sue critiche alla deriva autoritaria imboccata dal governo del principe Mohammed bin Salman, che pure in precedenza aveva sostenuto.  

Capo ufficio stampa e consigliere della famiglia reale, nel 2017 il governo gli intima di smettere di scrivere e usare i social network, il giornalista decide così di lasciare l’Arabia Saudita e trasferirsi a Washington, dove scriveva del suo paese dalle colonne del Washington Post [1].

Durante una conferenza a Istanbul in maggio, conosce una cittadina turca, Hatice Cengiz,  con la quale decide di sposarsi e trasferirsi in Turchia. Le autorità turche chiedono a Khashoggi un documento rilasciato dal governo saudita che potesse attestare la validità del suo divorzio dalla precedente moglie. Ed era questo il motivo per il quale Khashoggi si trovava al consolato saudita il 2 ottobre.

Ma facciamo un passo indietro. Secondo quanto riportato da Internazionale [2] che riferisce fonti del quotidiano turco Hürryiet, il giornalista saudita aveva chiesto di poter ritirare il documento nell’ambasciata di Washington, ma erano state le stesse autorità turche a suggerirgli di rivolgersi a quella di Istanbul, perché più informata sulle procedure.

Preoccupati, alcuni amici avevano cercato di dissuadere Khashoggi, l’uomo però decide di procedere comunque e, secondo quanto riportato da una lettera scritta dalla sua fidanzata al Washington Post, si reca una prima volta al consolato saudita il 28 settembre.

Alle ore 13 del 2 ottobre Khashoggi va nuovamente al consolato per ritirare il suo documento, ma alle 16.30 non è ancora tornato. Preoccupata la Cengiz, con il telefono che lo stesso Khashoggi le aveva consegnato prima di entrare, chiama un consigliere del presidente Erdo?an. Le autorità turche segnalano la scomparsa del giornalista, riportata poi il giorno dopo anche da tutte le principali testate nazionali e internazionali.

Il 10 ottobre il New York Times rivela dei particolari agghiaccianti: secondo gli inquirenti di Istanbul Jamal Khashoggi è stato ucciso all’interno del consolato saudita e il suo corpo fatto a pezzi per essere poi trasportato fuori dall’edificio. Il giorno dopo Ankara dichiara di essere in possesso di registrazioni audio e video che testimoniano le violenze subite dal giornalista e la sua brutale uccisione. 

Il governo saudita nega qualsiasi coinvolgimento e insiste con l’affermare che Khashoggi ha lasciato il consolato, senza però fornire nessuna prova a riguardo. La differenza forse potrebbe farla un Apple watch che il giornalista indossava il giorno della sua scomparsa e che era collegato proprio al telefono lasciato alla sua fidanzata prima di entrare in consolato.

Un’ondata di proteste si è scatenata davanti alle ambasciate saudite negli Stati Uniti e in Turchia, l’omicidio di Khashoggi è uno spartiacque importante sul futuro delle relazioni dell’Arabia Saudita con gli altri paesi, e in particolare con gli alleati occidentali.

Molti colossi imprenditoriali e uomini d’affari hanno iniziato a prendere le distanze dal governo saudita, tra questi Richard Branson che ha bloccato due progetti turistici nel paese e interrotto i colloqui con il fondo sovrano saudita per un investimento da un miliardo di dollari nelle società spaziali Virgin Galactic e Virgin Orbit.

Meno incisivi ma comunque imbarazzati gli alleati occidentali, gli Stati Uniti bloccano le commesse di armi e il presidente Donald Trump definisce “terribile e ripugnante” l’omicidio di Khashoggi, assicurando che qualora dovesse essere confermata la responsabilità dell’Arabia Saudita penserà a una “severa punizione”.

Ma forse il colpo più duro è stato quello inferto al cosiddetto “Davos del deserto”, il forum sul business organizzato dal principe Salman e previsto a Riad tra il 23 e il 25 ottobre.

La maggior parte delle grandi testate internazionali e dei principali colossi imprenditoriali hanno infatti ritirato la loro presenza.

Quello di Khashoggi è l’ennesimo caso di un giornalista ucciso perché reo di fare bene il proprio lavoro, resta la speranza che almeno questa volta le conseguenze di questo atto possano in parte fare giustizia e punire i colpevoli di questo vergognoso crimine.