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Usa-Russia: cresce la tensione internazionale ma a farne le spese sono sempre i cittadini siriani

Nell’epoca dominata dai social media (con buona pace dello scandalo Cambridge Analytica), le dichiarazioni di guerra si fanno su Twitter. O almeno così sembra pensarla Donald Trump, che lungi dall’utilizzare le classiche vie diplomatiche, preferisce fare dichiarazioni plateali tramite quelli che paradossalmente nel gergo comune sono conosciuti come “cinguettii”, prediletti dall’inquilino della Casa Bianca per le dichiarazioni ufficiali e non.

A scatenare la reazione di Washington (e quindi il tweet presidenziale) il presunto attacco con armi chimiche di sabato scorso a Duma a opera del governo siriano guidato da Bashar Al Assad e appoggiato dalla Russia. Ma il tweet sembra anche una risposta alle dichiarazioni

dell’ambasciatore russo in Libano, Alexander Zasypkin, che ha detto: “Se ci sarà un raid da parte degli americani allora i missili saranno abbattuti e persino i siti da cui sono stati sparati i missili saranno colpiti”, dichiarazioni queste rilasciate all’emittente libanese al-Manar TV, vicina al movimento armato Hezbollah.

Così Donald Trump ha reagito nel modo a lui più consono, che ormai non ci stupisce poi più di tanto, scrivendo: “La Russia promette di abbattere tutti i missili sparati alla Siria. Russia preparati, perché arriveranno, belli, nuovi e intelligenti! Non dovreste essere partner di un animale che uccide con il gas, che uccide il suo popolo e si diverte!”.

La risposta da Mosca non si è fatta attendere, se pur attraverso le vie tradizionali, ovvero per bocca del portavoce del ministero degli Esteri russo che ha detto: “I missili ‘intelligenti’ dovrebbero volare verso i terroristi, non verso il governo legittimo”.

Alle sette di questa mattina (ora locale) la portavoce della Casa Bianca, Sara Sanders, ha dichiarato in conferenza stampa che “tutte le opzioni sono sul tavolo” e che “non è stata presa ancora nessuna decisione finale”. Toni quindi certamente più moderati rispetto a quelli utilizzati da Trump, ma che comunque non escludono la possibilità di un attacco militare.

Nel frattempo il Moscow Times rende noto che sono state avviate esercitazioni belliche nei pressi delle acque territoriali siriane, un gesto che certamente non si può non considerare come un “segnale” per gli avversari. 

Fra le voci che invitano alla ragionevolezza ritroviamo quella del segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha fatto appello agli ambasciatori delle potenze che compongono il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Regno Unito) affinchè possano trovare un terreno di intesa sul conflitto in Siria e uscire da questa situazione tragica e apparentemente senza soluzione.

Non dimentichiamo infatti che poco più di ieri all’Onu la Russia si è opposta con un veto a un progetto di risoluzione americano che puntava ad avviare un’inchiesta indipendente sul ricorso alle armi chimiche in Siria.

Sull’Hürriyet Daily News poi, uno dei principali quotidiani turchi, troviamo anche le dure dichiarazioni del ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavu?o?lu, il quale ha affermato “Assad deve lasciare il potere perché responsabile della morte di almeno un milione di persone”, mentre ieri si era espresso anche il primo ministro turco, Binali Y?ld?r?m invitando Russia e Stati Uniti a “farla finita con questa rissa da bulli di strada”, a essere più ragionevoli e soprattutto a concentrare gli sforzi sulle misure concrete da prendere per aiutare la popolazione civile.

Vladimir Putin dal canto suo invece ha fatto solo delle generiche dichiarazioni accennando al buon senso e a un mondo sempre più caotico. Lo stesso presidente russo però ha parlato ieri con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu consigliandogli di evitare ogni azione che possa portare a un’ulteriore destabilizzazione della Siria. Anche in questo caso è utile ricordare che con molta probabilità il raid aereo commesso all’alba dello scorso lunedì contro una base siriana sia imputabile proprio all’esercito israeliano, anche se, come già accaduto per situazioni simili in passato, Israele non ha rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale in merito.

E le potenze europee che ruolo hanno in tutto questo?

Angela Merkel esclude la partecipazione militare tedesca mentre il presidente francese Macron ha detto ieri che nei prossimi giorni Parigi annuncerà la sua decisione in stretto coordinamento con Regno Unito e Usa. La premier inglese nel frattempo ha convocato una riunione straordinaria del governo e ordinato il dispiegamento dei sottomarini verso la Siria nel raggio d’azione missilistico e in vista di un attacco che “potrebbe cominciare nelle prossime ore“, almeno secondo quanto riportato dal Daily Telegraph e altri media britannici, sottolineando come la May sia pronta a un intervento congiunto con gli Stati Uniti senza passare per il parlamento.

Per quanto riguarda l’Italia il premier (uscente) Gentiloni ha condannato l’utilizzo di armi chimiche e la necessità di lavorare per la pace. Nella serata di ieri fonti di governo hanno spiegato come “in base agli accordi internazionali e bilaterali vigenti l’Italia ha sempre fornito supporto alle attività di forze alleate per garantirne la sicurezza e la protezione”, ma hanno anche aggiunto, riguardo alla situazione siriana, che l’Italia non è attualmente “direttamente coinvolta” in qualsiasi attività in atto.

Naturalmente dato l’attuale scenario politico nel nostro paese non sono mancate dichiarazioni singole (di assenso come di dissenso), da parte dei vari leader dei singoli partiti.

Segnaliamo inoltre in chiusura un interessante focus sull’argomento [1] a opera dell’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).