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Quale pace per la Siria? Riprendono i negoziati a Sochi, ma la strada è tutta in salita

Sono ricominciati ieri a Sochi i negoziati di pace portati avanti da Russia, Turchia e Iran per trovare una soluzione al conflitto che da tanto, troppo tempo ormai, attanaglia il territorio siriano.

Solo pochi giorni prima però la Turchia ha dato il via all’operazione paradossalmente chiamata “Ramoscello d’ulivo”, ovvero una pesante offensiva contro i curdi nel territorio siriano di Afrin.

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) e l’Unità di Protezione Popolare (Ypg) la milizia a esso collegata, hanno svolto un ruolo chiave nella lotta all’Isis e nella sconfitta definitiva delle milizie jihadiste sul territorio siriano, ma adesso che il pericolo del terrorismo islamico sembra  scongiurato né Russia né Stati Uniti, né tanto meno le altre potenze occidentali, sembrano voler tendere una mano o spendere una parola a favore dei curdi, che continuano a lottare e a pagare il prezzo più pesante di questo conflitto.

Al congresso per la pace dunque la delegazione curda non è presente, ma non è la sola, è assente anche la principale componente dell’opposizione siriana finanziata e appoggiata dall’Arabia Saudita ovvero il Comitato siriano per i negoziati (Nsc), alcuni gruppi filo-turchi invece hanno organizzato una protesta in aeroporto. Duramente contestato e criticato da più parti anche il logo scelto come simbolo delle trattative, una colomba: “Non ho mai visto una colomba così minacciosa” ha scritto ad esempio Fred Carver di Una-Uk in un tweet.

L’inizio del Congresso è stato più volte rinviato, da un lato si pensa per aspettare l’arrivo di altre delegazioni siriane, dall’altro sembrerebbe a causa di alcuni disaccordi fra il ministro degli esteri russo Lavrov e De Mistura, l’unico rappresentante dell’Onu presente. Quando tutto sembra pronto per iniziare e Lavrov prende la parola viene duramente fischiato e contestato da alcuni siriani presenti fra il pubblico, i quali ritengono la Russia responsabile della morte di molti civili siriani.

Dalle premesse dunque non sembra ci si possa aspettare nulla di concreto e risolutivo e mentre in Siria si continua a combattere e a morire, gli scenari futuri appaiono sempre più oscuri e incerti.