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Primarie USA, Hillary conquista la nomination tra i democratici

Ci siamo. I sondaggi, in fondo, avevano ragione anche se lo sfidante – quel Bernie Sanders che ha infiammato il popolo giovane – ad un certo punto sembrava potesse sfilarle la nomination. Hillary Clinton sarà la prima donna a correre per la presidenza del paese più influente del mondo, gli Stati Uniti d’America. La notizia della vittoria è lanciata dall’agenzia americana Associated Press alle 22.20 di Washington D.C. e poi confermata dalla Cnn. Il conteggio dei delegati non mente, Hillary ha raggiunto e superato la soglia della maggioranza assoluta, quei 2.383 delegati necessari perché la convention democratica di luglio a Philadelphia la legittimi come candidata alla White House. Mica poco. Anche Barack Obama è intervenuto chiedendo formalmente allo sfidante Sanders “di farsi da parte”, già perché a questo punto ciò che conta è fermare Trump e il suo “carrozzone” mediatico. Ci riuscirà l’ex segretario di Stato degli Stati Uniti? Domanda da risposta scontata solo qualche mese fa ma di difficile interpretazione oggi, alla luce dei progressi in fatto di influenza politica che Trump ha raccolto nelle ultime settimane. Sanders, dicevamo, ha resistito fino all’ultimo ripetendo per mesi che il sistema delle primarie è stato truccato contro di lui, in particolare ha scagliato le sue aspre reprimende verso i superdelegati, parlamentari e governatori parte dell’establishment. In realtà Hillary ha battuto Sanders in maniera chiara e il voto di oggi – l’ennesimo supermartedì – con la California che assegna più di 500 delegarti non cambierà di una virgola ciò che oggi è ufficiale. Obama vuole al più presto coesione all’interno del partito, sia per recuperare i voti dei giovani che hanno scelto Sanders durante le primarie, sia per rispondere a novembre alla temuta ascesa di Trump. Per il presidente in carica la sfida diventa personale, Trump infatti lo calunniò nel 2012 cavalcando la falsa leggenda sulla sua nascita in Kenya che lo avrebbe reso ineleggibile e in questa elezione Obama si gioca il suo lascito storico: la vittoria di Trump potrebbe minare quanto di buono e meno buono fatto nel corso dei suoi otto anni di presidenza.