Palmira: Isis distrugge l’arco di trionfo.

Ennesimo monumento devastato dai militanti jihadisti in uno dei siti archeologici patrimonio dell’UNESCO.

Annessa ufficialmente alla provincia romana di Siria, verso il 19 d.C., durante il regno di Tiberio  e con Nerone (14-37/54-68  d.C.) fu integrata nella provincia. Lo scrittore Plinio il Vecchio, nel suo Naturalis Historia, descrive Palmira, mettendone in rilievo la ricchezza del suolo e la sua importanza per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l’impero romano.

Ricchissima di antiche testimonianze archeologiche quali la via colonnata, il teatro, l’agorà, le terme di Diocleaziano, la necropoli e i santuari di Bel, Nabu e di Baalshamin la città di Palmira è stata presa di mira dall’Isis già questo agosto, riducendo in macerie il tempio di Baalshamin (Il signore del Cielo), divinità assimilata a Mercurio e, di nuovo, ieri, distruggendo un altro monumento del complesso archeologico dell’antica città, stavolta a Nord, considerato patrimonio dell’UNESCO: l’Arco di Trionfo.

Costruito circa 2.000 anni fa,  è sorretto da un colonnato che al momento non è stato danneggiato dall’ISIS. Khaled Al Homsi, archeologo e attivista dei diritti umani, ha twittato una foto del monumento prima che fosse distrutto dall’Isis, indicando con dei segni rossi le parti dell’arco che non esisterebbero più: la sommità centrale e quella dei due archi laterali.

Per i jihadisti sunniti le vestigie pre-islamiche  della città sono sacrileghe.Secondo diversi analisti dietro le distruzioni,  sempre riprese con video, si cela anche il traffico di opere d’arte con cui Isis si finanzia. Prima di far esplodere i resti archeologici, i jihadisti staccherebbero singoli reperti che poi riapparirebbero sul mercato delle opere d’arte.

Per questo l’università di Oxford ha lanciato – ma purtroppo per Palmira è stato tardi – un piano di mappatura fotografica 3d con droni dotati di telecamere ad alta risoluzione e Gps per immortalare ogni singolo pezzo. L’obiettivo è ricostruire, nel futuro, i templi distrutti il più fedelmente possibile e costituire un immenso database aperto e consultabili a tutti – Interpol, forze dell’ordine, storici e mercanti d’arte – per rendere invendibili  i singoli reperti trafugati prima della distruzione.

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