
Pierfrano Bruni
Dibattito? Direi piuttosto una polemica che non ha alla base una visione reale dei fatti culturali Italiani. Il cinema italiano in questi anni non ha prodotto alcun “capolavoro”. Il pubblico delle sale sa molto bene. Lo sanno benissimo coloro che si occupano di critica cinematografica. Lo sanno benissimo chi ha fatto del cinema una dimensione culturale. Non lo sanno solo i registi italiani. Non tutti. O fanno finta di non saperlo. Cosa si fa? Si mira un bersaglio. Molto comodo invece di pensare di creare arte.
Bersaglio o non bersaglio culturale e politico. Il ministro Alessandro Giuli ha chiosato alcune meditazioni che sono politiche (ma anche culturali) sulle quali si discute da anni. Credo che il problema sia altro e che interessa la tanto egemonia culturale della sinistra che nel corso di lunghi decenni ha avuto la sua netta padronanza. Non è che si vuole disconoscere ciò? È un fatto così eclatante che non c’è alcun bisogno di dimostrarlo.
Hanno fatto bene a egemonizzare il mercato del pensiero ammesso che sia giusto affermare ciò? Il mercato può essere egemonizzato. Il pensiero no. Quando il pensiero è un pensiero libero è fuori da ogni schema. Può esserci stato un pensiero libero nella cultura di questi decenni? Direi di sì. Ed è il pensiero non trasversale ma coerente e che non si è fatto condizionare da scelte politiche e da visioni oltre il limite dei partiti. Una egemonia culturale della sinistra c’è e non solo c’è stata. Il fatto stesso che nel momento in cui si tenta di voltare pagina e di inserire nella dialettica un pensiero divergente immediatamente si alzano polveroni e sottoscrizioni di lettere e documenti con il seguito di manifestazioni e proteste. Tutto legittimo. Per carità di Dio!
Ma ammettere che non ci sia stata una egemonia di sinistra e che ancora insiste è un peccato laico. Il peccato può essere laico? Dal memento che le contraddizioni di linguaggi si affollano tutto può essere ammissibile. Non tiriamo in campo Pasolini ora.
Il Pier Paolo parlava di egemonia ma stava comunque dentro l’apparato egemone. Se si leggono le cronache del passato ci si rende conto che un conto è attaccare in termini antropologici l’atto della egemonia e un conto altro è avere padronanza nel campo della cultura. Ieri come oggi? L’egemonia è potere. Qui è lo schiaccia noci.
L’altro fatto è che ci si rende conto solo oggi che la politica guida l’attività e il mercato culturale? Sarebbe banale. Il pensiero allora è ben altro? Ma il pensiero sul vero senso della prassi non è dominato dalla egemonia. Il fatto però che si parli di “prassi” si rischia di entrare in un paradosso gramsciano vero e proprio. O ci si è dimenticati? Ovvero la prassi politica ha la necessità di essere egemone nella formazione delle classi.
Qui non si parla di questo. O mi sbaglio? Mi sbaglierò.

Ma è possibile che un Ministro non possa e non debba fare delle scelte e avanzare un Progetto Culturale in sintonia con un modello culturale se non è in sintonia con la cultura del passato? Che senso avrebbe avuto cambiare un Governo? Sono inconcepibili alcune forme di proteste.
Sul piano cinematografico il mercato impone che se un prodotto non funziona non si può continuare a investire su un bene che non è fruttifero. Il cinema non è arte? Certo che è arte. Ma l’arte è creata dagli artisti considerati tali. E comunque vanno avanti con soldi pubblici.
L’altro aspetto riguarda la creatività di questa recente temperie. Si può affermare che non è stata prodotta una grande arte? O neppure questo è ammissibile? Staremo a vedere osservando. È certo che Giuli non ha detto o fatto nulla che sia contro la bellezza dell’arte. Anzi ha incoraggiato a creare e a aiutare nuove forme di estetica in tutti i campi.
Purtroppo se non si è dentro un pensiero unico e se non si condivide quel pensiero apriti cielo. E basta… La sinistra pensi realmente al pensare a un pensiero (bisticcio di parole? Certo…) creativo e svincolato dalla prassi. Ci guadagnerebbe la cultura e i fruitori stessi della cultura. Giuli ha perfettamente ragione. La sinistra ha preso atto anche di un fallimento culturale. Gli artisti chi sarebbero? Coloro attori che hanno firmato le solite lettere? Qui non si tratta di prendere posizioni. Semplice. Quanti film di registi italiani nelle sale semi vuote hanno il marchio “con il contributo del ministero della cultura”? Basta frequentare queste sale per rendersi conto. Il cinema italiano è attraversato da mediocrità. Di questo non si può incolpare il ministro esteta Giuli!
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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “ Francesco Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Incarichi in capo al Ministero della Cultura
• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;
• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;
• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.
Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.
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