La scomparsa di Vargas Llosa. Lo scrittore peruviano della letteratura come ribellione

Esponente di primo piano nella letteratura latinoamericana Premio Nobel per la Letteratura (2010), porta sulla scena la cultura del diritto delle minoranze a cominciare dal contrasto tra paesi spagnoli e etnia catalana. Un intellettuale a tutto tondo mai conformista sempre coraggioso oltre l'ideologia in cui l'enigma e l'assurdo restano fondamentali. Spesso assumendo un concetto di Camus come modello della sua vita in letteratura. Mario Vargas Llosa aveva 89 anni

PIERFRANCO BRUNI

Il romanzo contro la disperazione. Ovvero per tradurlo oltre metafora la letteratura potrebbe inventare una vita e la disperazione conduce alla morte. Mario Vargas Llosa, peruviano di nascita e di intelligenza in immaginazione, nato a Arequipa il 28 marzo del 1936 è morto il 13 aprile del 2025 nella sua Lima. Vissuto in Spagna, a Londra, in Francia e nei luoghi della sua anima e della sua esistenza ha sempre portato con sé il suo Perù e quella cultura che lo ha contraddistinto come un uomo oltre le ideologie. Comunista nella sua giovinezza si candida come presidente peruviano nel 1990 con una coalizione liberare di centro destra.
Il suo anticomunismo nasce sulla scena cubana del castrismo fino a diventare un fervente liberale e anche in contrapposizione con uno scrittore che ha molto amato: Garcia Marquez, al quale aveva dedicato un profondo studio e successivamente, riappacificatosi, scrive un breve saggio a una edizione di “Cent’anni di solitudine”. Il politico e lo scrittore, comunque, sono stati un costante dialogo. Premio Nobel per la Letteratura, porta sulla scena la cultura del diritto delle minoranze a cominciare dal contrasto tra paesi spagnoli e etnia catalana.


Ha come riferimento soprattutto Dostoevskij, e Ruben Dario. Questa prevalenza si avverte nei suoi romanzi. Resta però un esponente di primo piano nella letteratura latinoamericana insieme a Gabriel García Márquez, Julio Cortázar, Carlos, Amaro, Fuentes, Jorge Luis Borges, Octavio Paz. Al 1959 risalgono i racconti di “Los jefes”. Agli anni successivi appartengono libri come “La città e i cani’ (1963), “La Casa Verde” (1966), “Conversazione nella Cattedrale” (1969). Il teatro ha rappresentato un modello significativo per la sua creatività soprattutto per l’inventiva affascinante tra personaggi e dialoghi. Anche la saggistica e il giornalismo sono parte attiva della sua vita culturale. Non sono mai mancati giudizi e riflessioni politiche.
Un intellettuale a tutto tondo mai conformista e sempre coraggioso. Il suo discorso per la consegna del Nobel (2010) ha una incisività notevole sin dal titolo: ‘Elogio della lettura e della finzione”. Un Borges nella tradizione della scrittura latino americana in cui l’enigma e l’assurdo restano fondamentali. Infatti egli dedica a Sartre e a Camus un saggio notevole puntando proprio su Camus.
La ribellione è uno dei temi chiave della sua scrittura. Nel suo Discorso dirà: “La letteratura è pericolosa: risveglia in noi un atteggiamento ribelle”. Ribellione e tempo. La memoria è un cesello che lega la letteratura alla vita: “La memoria è una trappola, pura e semplice; altera, riorganizza sottilmente il passato per adattarlo al presente”. Il ricordare dunque è un fascismo del disamore.
C’è in lui il mestiere dello scrittore.

Verga Llosa nel 1990

Proprio nel libro (2011) che porta tale titolo annoterà: “Gli scrittori sono gli esorcisti dei propri demoni”. Sempre dallo stesso saggio: “Uno scrittore non sceglie i suoi argomenti, sono questi ultimi a sceglierlo”. Dostoevskij ha quindi la sua presenza in “La città e i cani” del 1963: “In questa società ci sono certe regole, certi pregiudizi e tutto quello che non vi si adatta sembra anormale, un delitto o una malattia”. Insomma un percorrere la letteratura in un intreccio tra vita e dubbio. Così nel romanzo “La zia Julia e lo scribacchino” del 1977: “L’incertezza è una margherita i cui petali non si finiscono mai di sfogliare”.
Vargas Llosa proprio nel saggio su Sartre e Camus assume la responsabilità del ripensamento. Aveva prima attaccato durante Camus e salvato Sartre ma con il tempo si rende conto del vero umanesimo di Camus. Accanto a lui pone anche il filosofo Popper.
Una riconsiderazione culturale tout court ma soprattutto anti ideologica o oltre ogni ideologia e sembra assumere proprio un concetto di Camus come modello della sua vita in letteratura, ovvero: “Non camminare dietro a me, potrei non condurti. Non camminarmi davanti, potrei non seguirti. Cammina soltanto accanto a me e sii mio amico”. Nel volume interviste del 2023 dal titolo “Davanti allo specchio” c’è la rivelazione fondante del suo stare nella letteratura e nella vita perché la letteratura rende sensibili e vivi permettendo di capire le tante incognite della vita.

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Pierfranco Bruni è nato in Calabria.
Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.
Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.
Per il Ministero della Cultura è attualmente:

• presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024;

• presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro;

• segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse.
È inoltre presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.

Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.
Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.

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