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Si vota per l’Europa, non è sondaggio né referendum

Nelle precedenti elezioni europee c’eravamo abituati a considerarle quasi riscontro e verifica del peso nel proprio paese di ciascuna forza in campo. Clamoroso il caso del Pd di Matteo Renzi: superò il 40% ma cominciò una progressiva caduta accompagnata da una clamorosa e rumorosa ascesa di grillini e leghisti. In misura differente ma tale da consentire alla fine la nascita di un faticoso bicolore che continua a deliziarci. Con crescenti battibecchi e ripicche quotidiane che accrescono inquietudine e sconcerto, accentuano solitudine e sfiducia nell’Italia soprattutto in Europa, ma anche irrilevanza nella crisi libica e nelle altre aree travagliate del mondo. Il governo cerca di darsi un ruolo con i tentativi del presidente Conte. Sempre, però, sotto tutela stretta dei suoi due vice che ormai si accapigliano su tutto. Con singolari posizioni anche in tema di Europa : il capo leghista – sovranista ad oltranza abbracciato alla Le Pen ed a Orban – si ripromette di fare sfracelli a Bruxelles e promuovere in ogni modo l’Europa delle Nazioni. Non si capisce bene se con l’euro o senza. Il campo penta stellato, diversamente da Salvin,i immagina di dare vita ad un nuovo schieramento né di destra, né di sinistra e quasi da battitore libero, lottare contro i poteri forti e gli organismi finanziari internazionali. Intanto incontra i gilet gialli in rivolta a Parigi. Queste pericolose posizioni contrapposte si accompagnano ad un costante orientamento di contrasto con le autorità europee anche in termini di linguaggio e di scarso civismo diplomatico e personale. Si ricorre continuamente all’alibi di attribuire agli altri, i governi di prima, le difficoltà e i problemi da affrontare. Con miopia non minore si scarica ogni colpa sulla UE, senza la capacità di stabilire un dialogo costruttivo e di formulare proposte, iniziative che mettano in luce le ragioni e la capacità propositiva dell’Italia. Anche sull’enorme e delicatissima questione dei migranti si corre il rischio di praticare una politica di chiusura, senza considerazione alcuna degli aspetti di elementare umanità e di diritto alla vita. In questo caso, e anche in altri, le istituzioni si sono mostrate sorde e inadeguate e non hanno saputo corrispondere alle loro responsabilità. Perciò serve un rinnovamento profondo dell’Europa, una sua riforma istituzionale e politica, stando però sempre attenti a non buttare con l’acqua anche il bambino.

Ricostruire e rinnovarsi sarà la responsabilità del nuovo parlamento europeo, la spinta anche ideale di quanti hanno davvero a cuore il futuro dell’Europa. Soprattutto per i nostri giovani che apprezzeranno finalmente la portata storica irrinunciabile di una idealità europea a condizione che sappia anche incarnare concretamente la loro fame di lavoro, di cultura, di crescita e di lotta alla corruzione in ogni campo.