Habemus Gentiloni governo di sopravvivenza

  Per quanto nessuno ignorasse le difficoltà che hanno imposto al capo dello Stato e al presidente incaricato di velocizzare al massimo l’approdo in Parlamento, è risultata sorprendente la composizione del nuovo esecutivo. Il sospetto diffuso è che la parte del dominus l’abbia assunta Renzi, interessato a rafforzare il suo ruolo e il suo potere in vista del congresso anticipato del Pd. Ne’ può sorprendere considerando il carattere leaderistico e da protagonista assoluto con cui l’ex presidente-segretario si è costantemente comportato da palazzo Chigi e dal Nazareno. Si pensi ai tempi e al modo con cui ha aperto la crisi e convocato la direzione, ponendo tutti di ronte al fatto compiuto. Anche in questo passaggio, come capo solitario unico in grado di organizzare la rivincita e la riaffermazione della propria egemonia. Efficace chiamare l’esecutivo Gentiloni “governo fotocopia “, “Renzi bis”, criticarne la composizione specie per gli esponenti che ripropongono sgradevolmente la figura di portabandiera del disastroso referendum. Anche in questo modo Renzi vuole sottolineare il suo costante tentativo di tenere sotto scacco il nuovo esecutivo e i suoi impegni. Oltre i soliti noti e certe promozioni e spostamenti, nulla mostra un tentativo di innovare e di cambiare in meglio. Introducendo magari qualche presenza non strettamente partitica, espressione della cultura e della scienza, con una apertura fuori dal Palazzo. Con una forte critica contro il Palazzo,  Pier Paolo Pasolini già negli anni ’60 sferzava la politica chiusa nel suo fortino e nelle sue pratiche di potere e di corruzione. Anche oggi la denuncia di Pasolini può avere una risonanza utile, perché è grande lo scontento e la rabbia che il referendum ha posto all’ordine del giorno: non bastano le parole e le promesse e poi proseguire da incoscienti con i tradizionali giochi dentro il Palazzo.

Stampa Articolo Stampa Articolo