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Il regalo del Papa ai terremotati sulle orme di san Francesco

“Ho aspettato a venire per non dare fastidio, ma vi ho avuto nel cuore fin dal primo momento e sono qui per condividere il vostro dolore e le vostre fatiche”. Sono state le prime parole del Papa giunto ad Amatrice con la sua utilitaria nera senza pompa e codazzi di alcun genere. Sindaci e cittadini comuni facevano ressa intorno alla bianca figura del Papa, tutto in un clima commosso e festoso che dava la più netta impressione di quanto la visita fosse benvenuta e attesa da tempo. Il Papa si è intrattenuto con tutti riservando una carezza e un bacio ai bambini anche ai più piccoli in braccio ai genitori. Il Papa pur in condizioni così particolari ha proseguito e sviluppato le caratteristiche di fondo della sua missione in tante parti del mondo, come durante quella appena conclusa nel Caucaso. Condividendo con la sua stessa presenza sofferenze,dolori e speranze, papa Francesco ha voluto sottolineare il valore di non abbattersi, di alimentare la fiducia pur in condizioni avvertite talvolta senza speranza e il dovere di guardare avanti e mai smarrire fiducia e speranza. Il Papa ha voluto testimoniare concretamente la necessità di alimentare in modo convinto questi orientamenti di fondo per proseguire oltre il disastro del terremoto con la convinzione che si può e si deve ricostruire nel modo migliore quanto distrutto dal sisma non solo nelle strutture materiali dei paesi e delle campagne, ma per puntare ad una crescita umana più ricca di prima. L’elemento essenziale è quello di sapere aiutarsi e collaborare l’un l’altro per dar vita a comunità ricche di umanità e di spirito di solidarietà indispensabili ad una piena crescita umana. Anche ai terremotati dell’Italia centrale il Papa ha rinnovato il messaggio del suo pontificato racchiuso del resto nel nome di Francesco, testimone da lunghi secoli di fratellanza e di amore, di rispetto dell’altro, a prescindere dalle differenze di storie e culture, per servire insieme ideali di pace e di dialogo: sono queste le ragioni per cui è il primo Papa nella storia che ha osato chiamarsi Francesco; per rendere evidente al mondo intero il dovere di sconfiggere guerre ed ingiustizie, violenza e sfruttamento presenti nella storia dell’uomo. Specie in una fase storica come l’attuale, alle prese con una guerra mondiale di tipo nuovo che miete vittime e produce atrocità e catastrofi senza fine. Soprattutto nelle aree tormentate del Medio Oriente, dell’Africa e dei paesi asiatici dove è sistematicamente annientata la dignità delle persone e prevalgono corruzione, discriminazione e continui tentativi di violenza anche nei confronti dei più deboli, compresi i bambini. Questo mondo ingiusto ed egoista genera l’immensa tragedia delle migrazioni, che trasforma il mar Mediterraneo in un immenso cimitero. Come in un pellegrinaggio francescano, il Papa ha voluto anche raggiungere i terremotati ospitati negli alberghi sulla costa a San Benedetto del Tronto, raggiungere la città umbra di Norcia legata a un grande della chiesa, san Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale. Non poteva mancare , nel giorno del 4 ottobre festa di san Francesco, una visita conclusiva ad Assisi, testimonianza forte del bisogno di dialogo, di solidarietà e di pace, per costruire una nuova umanità.

(5 settembre 2016)