Brexit, il Regno si scopre disunito

La vittoria del Leave getta parecchie incognite

A pochi giorni dall’esito del referendum il Regno Unito vive nell’incertezza questo “passaggio” verso un nuovo ruolo da occupare nello scacchiere internazionale. Intanto proviamo ad analizzare cosa accadrà nello specifico iniziando dal tanto dibattuto tema dell’immigrazione. Prima del “terremoto” Brexit la Gran Bretagna aveva deciso di non partecipare alle politiche comunitarie per l’accoglienza degli stranieri in arrivo in Europa, possibilità di cui si erano già avvalse Irlanda e Danimarca. Nessuna conseguenza pratica quindi, rispetto alla nota agenda Juncker, ma possibili ripercussioni politiche: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia sono infatti contrarie a misure assistenzialiste nei confronti dei richiedenti asilo. E veniamo alla Difesa, grazie alla propaganda pro-Brexit è diminuita la probabilità che i miliziani dell’Islamic State si troveranno ad affrontare quello che – secondo gli esperti – è il miglior esercito europeo, niente 7ma divisione corazzata, niente Commandos, niente Parachute regiment e soprattutto niente Sas, corpo speciale modello per le unità antiterrorismo degli eserciti occidentali. La domanda che molti analisti economici si fanno in queste ore è se le banche potrebbero lasciare la piazza finanziaria di Londra. Possibilità – secondo alcuni – non del tutto remota anche se problemi pratici e giuridici sconsigliano quest’evenienza. Tra le prime banche a minacciare l’uscita dal Regno Unito è stata, già l’anno scorso, Hsbc, piazze come Parigi e Francoforte si sono dette già pronte ad accogliere gli istituti che volessero “migrare” dalla City. Se pure il quartier generale delle banche resterà a Londra si potrebbe assistere a un ridimensionamento delle loro strutture. E le compagnie aeree – di cui noi compresi abbiamo fruito i costi vantaggiosi – che tipo di politica osserveranno? Attualmente la progettazione e la regolamentazione dello spazio aereo sono accordate in tutta l’Ue. Certificati, autorizzazioni, codici sono tutti uguali per le compagnie aeree degli Stati membri. Cosa accadrà ora per i vettori inglesi? Lo spazio unico europeo potrebbe anche non valere più per la Gran Bretagna, EasyJet si è già portata avanti e ha annunciato di aver scritto al governo britannico e alla Commissione Europea «chiedendo di porsi come priorità la permanenza del Regno Unito nel Mercato unico europeo dell’aviazione». Buona mossa. La Svizzera, ad esempio, pur essendo fuori dall’Ue ha stretto accordi in ambito europeo e le compagnie aeree svizzere sono, in pratica, equiparate alle loro concorrenti europee. L’industria delle quattro ruote è la quarta in Europa, vetture in massima parte esportate, e da lavoro a circa 160mila persone. Nell’isola britannica ci sono la Nissan, la Honda, la Toyota e la Bmw, oltre a Jaguar, Land Rover, General Motors e Ford. E arriviamo allo sport, il pianeta Formula 1 si prepara a rintuzzare piccole “scosse” dovute appunto alla Brexit, la Fom che gestisce i diritti commerciali del circus ha la sua base a Londra. Bernie Ecclestone – il grande boss – appoggiava il fronte del Leave. E adesso? Probabile il taglio di almeno due Gp europei, Monza trema e attende il rinnovo del contratto per il 2017, poco cambierà per i piloti: vivono quasi tutti a Montecarlo, mondo dorato al riparo dalle tempeste finanziarie. La Premier League da anni predomina in Europa, stadi e organizzazione i suoi fiori all’occhiello ma qualcosa potrebbe cambiare poiché la gran parte dei campioni sono tesserati come comunitari e non appena la norma cadrà circa 400 calciatori non sarebbero in regola. Fra le conseguenze più preoccupanti c’è anche un deprezzamento del valore commerciale della Premier: con meno campioni le tv non pagherebbero gli stessi prezzi di oggi. Un altro aspetto molto dibattuto dopo l’esito del referendum riguarda, chiaramente, le sorti degli italiani residenti in Uk. Trecentomila italiani – numeri ufficiali – sono residenti mentre altre migliaia no, cosa accadrà adesso? Nell’immediato proprio nulla, il trattato europeo prevede infatti almeno due anni di negoziato per ufficializzare il divorzio Londra-Bruxelles, i problemi semmai arriveranno dopo e interesseranno i nuovi arrivati. Ma una considerazione va fatta: oggi il Regno Unito offre ottime opportunità di studio e di lavoro. Lo strappo dall’Europa avrà ricadute economiche, finanziarie e commerciali. A quel punto agli italiani converrà ancora trasferirsi? Stesso discorso per la ricerca e l’università che subirà un forte ridimensionamento e una minore pluralità multiculturale causa delle maggiori restrizioni e nella impossibilità di sfruttare i fondi europei per studiare e formarsi in Gran Bretagna. Con la vittoria del Leave gli inglesi poi – e gli italiani in Uk – potrebbero faticare a trovare i prodotti del Belpaese – vini e formaggi su tutti – poiché senza agevolazioni su dazi e cambi l’Inghilterra potrebbe alzare barriere doganali con ricaduta pesante sui prodotti d’eccellenza “made in Italy”. Secondo dati Coldiretti, la Gran Bretagna è diventata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano: e con la Brexit anche l’export di quest’ultimo potrebbe essere a rischio.

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