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Roma. Gender migration, incontro con esperti, giornalisti, cooperanti. Agenzia Dire Corso d’Italia il 6 giugno

ROMA – “Hanno redditi più bassi e sono le prime vittime di tratta. Per questo, per capire le migrazioni, bisogna parlare anche di loro”: così Nico Lotta, presidente di Volontariato internazionale per lo sviluppo (Vis), ong promotrice di un corso sulla “gender migration” che sarà ospitato giovedì 6 giugno nella redazione della agenzia ‘Dire’, in Corso d’Italia 38/a, a partire dalle 9.30.

A intervenire esperti, giornalisti e cooperanti. Tra gli altri Ilaria Nava, del Vis, Luca Di Sciullo, di Idos, Celina Frondizi, di Ananke, Vincenzo Giardina, della ‘Dire’, Annalisa Camilli, di ‘Internazionale’, e Cecilia Pani, della Comunità di Sant’Egidio. Modera Alessandra Fabbretti, della ‘Dire’.

Nodi e opportunità al centro dell’incontro ‘’La specificità di genere nel contesto migratorio’’, rivolto in particolare ai giornalisti, con iscrizioni sulla piattaforma Sigef  [1] e attribuzione di otto crediti formativi, muove dalla constatazione che spesso l’informazione non è al passo con la realtà. “Secondo l’International Migration Report il 48 per cento di chi lascia il proprio Paese è donna” sottolinea Lotta. Convinto della necessità, per cogliere davvero il fenomeno, di incrociare più dati. “Unodc, l’agenzia dell’Onu specializzata per il contrasto al crimine organizzato e al traffico di droga, calcola che le vittime di tratta sono donne nel 72 per cento dei casi” sottolinea il presidente del Vis. “Il rapporto è di fatto speculare se invece si considerano gli ‘offenders’, i trafficanti, uomini in otto casi su dieci”.

UOMINI PIU’ RICCHI DELLE DONNE

A suggerire una dimensione di genere nelle migrazioni, d’altra parte, sono gli indicatori sul reddito. Secondo un rapporto diffuso da Oxfam nel 2018, intitolato ‘Public Good or Private Wealth?’, gli uomini detengono in media il 50 per cento della ricchezza in più rispetto alle donne. Si spiegherebbero così anche alcuni progetti del Vis nel Sud del mondo, in particolare in Africa. “In Ghana sosteniamo il microcredito e ci siamo appena impegnati per altri tre in un lavoro di sensibilizzazione facendo rete con le ‘queen mother’” dice Lotta: “Sono regine tradizionali e allo stesso tempo autorità morali, da valorizzare anche in una prospettiva anti-tratta”.