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Imprese sociali: una risorsa per la comunità

Tempo di bilanci per il progetto “Sartoria Sociale: Ricucire il territorio” della Sartoria Sociale di Palermo finanziato da Fondazione per il Sud e Fondazione Vismara. Avviato nel 2017 con l’inaugurazione dei nuovi locali del laboratorio sartoriale in un bene confiscato alla mafia, il progetto ha coniugato sapere artigianale, legalità e inclusione sociale per favorire il reinserimento lavorativo e relazionale di persone svantaggiate. Un reinserimento reso possibile dall’acquisizione di competenze relative a tecniche di sartoria e di riciclo tessile per la produzione di abbigliamento etico.   

Il senso del progetto lo spiega la coordinatrice, Rosalba Romano: “La nostra impresa sociale, gestita dalla cooperativa Al Revés, si propone come un’impresa di transizione per persone che sono fuori sia dal mondo del lavoro che da quello sociale e desiderano reinserirsi. Il nostro motto è “Siamo tutti ex di qualcosa”, ovvero tutti portiamo in eredità quello che ci è appartenuto. Significa indossare con orgoglio la propria storia personale e nello stesso tempo veicolare un messaggio che invita a scommettere su se stessi. Chi arriva qui viene accolto come ‘persona’ e non come il ‘problema’ di cui è portatore”. Ed è così che le problematiche diventano delle risorse a cui attingere: “Ognuno si può fare traino di un altro, perché”, spiega la coordinatrice, “la persona che ha delle difficoltà vede davanti a sé altri, anch’essi con difficoltà, e quindi riesce in qualche modo a sostenerli e a non appiattirsi sulle sue problematiche”.

Operatori della sartoria al lavoro

Un luogo di relazione e sviluppo dei talenti, quello della sartoria, nel quale persone diverse tra loro hanno lavorato come un’unica squadra: operatori sociali, esperti della comunicazione, sarti professionisti e persone con varie problematiche (ex detenuti, donne vittime di tratta, immigrati in difficoltà, persone con disabilità, persone con disturbi di salute mentale). In questi anni si è anche creata una rete di solidarietà e collaborazione con istituzioni e associazioni del territorio, condividendo percorsi di educazione alla cultura della legalità, all’autoimprenditorialità, alla sostenibilità e all’economia circolare. Tra le realtà coinvolte, l’Accademia delle Belle Arti di Palermo, la Fondazione Progetto Legalità, Libera, Addio Pizzo, Caritas, case famiglia e aziende della città.

Il successo di questa esperienza è dimostrato dai risultati. Quest’anno sono quattro le persone reinserite nel mondo del lavoro: un minore straniero non accompagnato, oggi maggiorenne, assunto da un’azienda che nel frattempo si è riqualificata per la pandemia e dove ora si realizzano camici per i medici; una donna disoccupata di ritorno; due persone con problemi di salute mentale che hanno ottenuto dei tirocini formativi presso aziende di fornitori.

Purtroppo la crisi pandemica ha avuto i suoi effetti negativi anche sul lavoro della sartoria, sospendendone le attività, comprese quelle di fornitori e di aziende clienti. L’impresa ha cercato allora di reagire ricorrendo a strategie nuove, tra cui lo sviluppo di un e-commerce, la realizzazione di video lezioni di sartoria e la produzione di mascherine approvate dall’Istituto Superiore di Sanità. Quest’ultima attività, è svolta all’interno della rete Italia is One, una filiera etica produttiva di sartorie sociali sorta durante la pandemia, alla quale la sartoria ha aderito.

Le sartorie sociali in Italia

Quella della Sartoria Sociale è un’esperienza di inclusione e cura della persona attraverso il cucito e il riciclo tessile che in Italia si sta sviluppando sempre più. La Fondazione Progetto Legalità Onlus ha creato una prima mappa on line [1] di queste realtà (circa 15 al momento quelle censite da Nord a Sud), con un invito a tutte le sartorie sociali presenti in Italia a registrarsi sulla piattaforma. Esse rappresentano, secondo la Fondazione, dei passi concreti verso l’attuazione dell’Agenda 2030 dell’ONU [2], sottoscritta nel 2015 da 93 paesi, tra cui l’Italia, che prevede l’impegno nell’ambito dello sviluppo sostenibile, il rispetto dell’ambiente, le scelte di economia circolare e/o di inclusione sociale. La piattaforma è anche frutto di uno studio sull’innovazione sociale condotto dalla Cattedra di Geografia e Ricerca Visuale dell’Università di Catania.

L’impresa sociale in Italia e l’inclusione lavorativa

Le sartorie sociali appartengono alla categoria delle imprese sociali che, secondo il decreto legislativo 112/2017, svolgono un’attività di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Secondo i dati dell’ultimo rapporto Iris Network-Istituto di Ricerca sull’impresa sociale [3], da poco pubblicato, sono circa 22mila le imprese sociali in Italia, il 19% delle quali si occupa di inserimento lavorativo. In particolare, come si sottolinea nel recente Piano di Azione della Fondazione Cariplo che commenta il rapporto Iris, “la cooperazione sociale costituisce la più robusta struttura dedicata al recupero e al reinserimento di risorse umane che il mercato altrimenti emarginerebbe (…) Attualmente le cooperative sociali inseriscono circa 18mila soggetti svantaggiati (…), vale a dire una quota 20 o 30 volte superiore a quella garantita dalle imprese ordinarie”.

Una realtà importante che, colpita purtroppo dalla crisi pandemica, è stata comunque in grado di mostrare una forte resilienza. Il 93% di esse, si legge nel rapporto, è infatti riuscito a sperimentare soluzioni innovative, a riorganizzare la propria offerta facendo rete con altri soggetti, oppure a riposizionare le proprie attività e modalità di intervento. Una resilienza resa possibile da vari fattori: l’impegno di operatori e volontari, il radicamento sul territorio, la flessibilità organizzativa, la presenza di giovani in genere propensi all’uso della tecnologia.

Info sui progetti della Sartoria Sociale su: https://sartoriasociale.com/ [4]

(Foto da Sartoria Sociale)