Bangladesh, bambini dispersi in incendio Cox’s bazar

L'attivista Haras dei Rohingya, gruppo etnico di religione islamica che abita la parte settentrionale della Birmania: "ci serve aiuto"

Ci sono ancora bambini dispersi nell’incendio che ha colpito ieri uno dei campi dei profughi rohingya nella zona di Cox’s Bazar, località del Bangladesh sud-orientale che ospita le strutture di accoglienza per rifugiati più popolosa al mondo. Lo riferisce Mohamed Haras, rifugiato residente nel campo colpito dal rogo e direttore esecutivo della ong Right Future Initiative Center (Rfic), focalizzata nel sostengo e la promozione dell’istruzione per i ragazzi della comunità dei profughi rohingya.

L’incendo si è verificato mentre le Nazioni Unite si apprestano a lanciare il loro Piano di risposta congiunta per i Rohingya delle Nazioni Unite, la cui pubblicazione è prevista oggi e con il quale l’Onu mira a raccogliere 870 milioni di dollari per il sostegno umanitario alla comunità. L’incidente segue anche di pochi giorni un annuncio del Programma alimentare mondiale (Pam) del taglio di due dollari a testa nel voucher alimentare consegnato quotidianamente ai rifugiati rohingya che vivono a Cox’s Bazar. L’organismo dell’Onu ha affermato di “essersi visto costretto a ridurre la sua assistenza salvavita” ai profughi provenienti dal Myanmar a causa di un “deficit nei finanziamenti di circa 125 milioni di dollari”.

Haras, originario del Myanmar come la stragrande maggioranza delle persone rohingya, afferma che “molte abitazioni del campo sono bruciate, la mia compresa” e che “diversi bambini sono dispersi, dopo aver abbandonato le loro case in fiamme”. L’attivista fornisce un bilancio dell’incidente, nel quale per adesso non sembrano esserci vittime. “Circa 12mila persone sono rimaste colpite e le abitazioni che sono rimaste distrutte nelle fiamme sono circa 2mila. È stato danneggiato in modo critico uno ‘spazio a misura di bambino’, cinque scuole e due centri di salute primaria”, specifica il direttore citando anche cifre confermate dalle agenzie delle Nazioni Unite, a partire dall’Organizzazione internazionae delle migrazioni (Oim).

“Un presidio sanitario e un altro centro è rimasto parzialmente danneggiato- continua l’attivista- mentre sono stati colpite alcune infrastrutture idriche, diverse moschee e scuole religiose”.

Haras lancia poi un appello: “Abbiamo bisogno con urgenza di tutto: cibo, abiti, acqua e materiali di ogni tipo”, scandisce il dirigente della ong locale. “Le autorità del Bangladesh ci stanno aiutando ma ci serve di più”.

Secondo quanto hanno riferito fonti dei vigili del fuoco e dell’Onu alla stampa locale e internazionale, il rogo di ieri è cominciato nel campo numero 11 e si è poi esteso alle sezioni nove e dieci, finendo per colpire tre dei 32 centri che si trovano a Cox’s Bazar. Quello di ieri è solo l’ultimo di una serie di incendi che hanno colpito l’area dove vivono i rifugiati a Cox’s Bazar, nota come Kutupalong: secondo quanto si calcola in un report del ministero della Difesa del Bangladesh rilanciato dal quotidiano Dhaka Tribune, solo nel 2021 si sono verificati 221 roghi. Nel marzo 2021 a perdere la vita sono state almeno 15 persone. Circa 60 dei roghi sono ritenuti “sabotaggi”, quindi dolosi, dalle autorità di Dhaka. In relazione all’incidente di ieri finora è stato arrestato un ragazzo di 17 anni, anche se il suo grado di coinvolgimento nella vicenda non sembra essere del tutto chiaro e le indagini sono in corso.

I rohingya sono originari del Myanmar sud-occidentale e sono per la stragrande maggioranza di religione musulmana. Centinaia di migliaia di rifugiati rohingya sono giunti in Bangladesh a partire dal 2017, quando decenni di discriminazioni da parte dello Stato birmano sono degenerati in una fase di più acuta repressione da parte delle forze armate, anche nel contesto di uno conflitto con una milizia separatista locale.

(fonte della notizia Agenzia DIRE)

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