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L’Italia del Covid conta oltre 450mila nuovi poveri, la ripresa è una polveriera

Sono invisibili, persone che mai avrebbero pensato di dover chiedere aiuto per mettere da mangiare a tavola o comprare le medicine in farmacia. Sono lavoratori, persone che hanno sempre portato avanti con dignità la propria esistenza. Il Covid li ha catapultati in un altro mondo e sono diventati, mese dopo mese, un esercito di invisibili costretti a bussare alla porta di qualche amico, della parrocchia o a chiedere i buoni spesa. In un anno di pandemia, si legge su Agensir, sono 453.731 i “nuovi poveri”: una persona su 4 da settembre a marzo. I dati arrivano dalle Caritas diocesane e per il 60,4% sono italiani, uomini e donne in parità. L’ultimo monitoraggio della Caritas italiana ha coinvolto 190 strutture diocesane, pari all’87,1% del totale. I lavoratori colpiti appartengono a queste categorie: persone con impiego irregolare fermo a causa del Covid-19 ; lavoratori precari senza ammortizzatori sociali; autonomi e stagionali, in attesa delle misure di sostegno,, e dipendenti in attesa della cassa integrazione.

Mercoledi scorso, lo fa sapere Redattore Sociale, la Commissione Lavoro, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle nuove disuguaglianze prodotte dalla pandemia nel mondo del lavoro, ha audito proprio i rappresentanti della Caritas che sono in prima linea dalla distribuzione di viveri, di assistenza sanitaria e scolastica, di sostegno psicologico. Ma anche molto di più. Durante la pandemia infatti, dal monitoraggio costante della popolazione che ha chiesto aiuto, è nato a firma Caritas un vero e proprio dossier per costruire un lavoro di advocacy tra il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza e le istante dei più fragili.

Il tema è caldo anche in sede istituzionale con i sindacati che premono per la proroga dei licenziamenti. Il tema della povertà è senza dubbio il tema del lavoro e dell’occupazione. Sembra ci sia apertura per una proroga al 31 ottobre, ma non per tutti.

Uno studio del Centro studi di Unimpresa, si legge sempre su Redattore sociale, traccia il profilo dei nuclei familiari poveri nel 2020: per la prima volta negli ultimi anni sono 2 milioni, in crescita del 20% rispetto al 2019, quando erano 1 milione e 674mila.

Come si esce da questa profondissima crisi? Basteranno i soldi del Recovery? Bisognerà lavorare sulle infrastrutture sociali, come ripete tra gli altri Women20, perché il Reddito di cittadinanza ha mostrato i suoi limiti per i requisiti di accesso, o a causa del fatto che il sostegno al canone d’affitto non è proporzionale al numero di componenti della famiglia, ma soprattutto perché non tocca il dramma del lavoro. Si parla ora di un sussidio unico in sostituzione di cassa integrazione, indennità Covid-19 e Reddito di emergenza, proporzionale al numero di membri del nucleo familiare. La manna del Recovery può essere un’opportunità, è il coro unanime. Ma la strada è tutt’altro che semplice.

Solo il 10 maggio, ed è una fotografia significativa tra le tante di questo tempo, alcuni disoccupati hanno occupato l’Albergo dei Poveri, struttura voluta da re Carlo Borbone nel 1749, che con il Recovery potrà essere recuperato e ristrutturato con 150 milioni di euro. Mentre il sindaco De Magistris scriveva un post per esprimere soddisfazione, il ‘Movimento lotta disoccupati 7 novembre’ quindi lo occupava denunciando scarsa attenzione per la propria vertenza. La strada della ripresa e della resilienza sembra assomigliare sempre di più a una polveriera.

*Foto da press Kit Caritas