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Libano: Attentato o banale superficialità

Due giorni dopo le esplosioni che hanno seminato morte e distruzione a Beirut, monta la rabbia nel Paese per l’ennesimo fallimento dei politici e dei funzionari agli occhi dell’opinione pubblica. “Questa è negligenza da parte dell’élite al potere. Una bomba atomica è stata lì per anni, e non un solo leader o politico ha fatto niente”. Mentre nella capitale è atteso il presidente francese Emmanuel Macron, in visita oggi giovedì 6 agosto, gli aiuti internazionali cominciano intanto ad arrivare da tutto il mondo. La città si prepara per tre giorni di lutto. L’esplosione ha causato più danni a Beirut in pochi secondi che qualsiasi altro evento precedente, compresa la guerra civile del Libano durata dal 1975 al 1990.Il ministro della salute del Libano, ritiene che probabilmente ci siano molte più vittime sepolte sotto le macerie. Interi quartieri sono stati rasi al suolo o resi inabitabili dall’esplosione.

Oltre 300mila persone sono rimaste senza casa. I danni materiali ammontano a 10-15 miliardi di dollari. Lo scoppio ha causato gravi danni in circa la metà del territorio cittadino. I soccorritori sono ancora alla ricerca di sopravvissuti. Molti residenti hanno aperto le proprie porte ai concittadini in difficoltà. Nella capitale è stato dichiarato lo stato di emergenza per due settimane.

Cosa è accaduto

Un primo incendio nella zona del porto di Beirut. Poi un’esplosione, devastante, che sventra interi edifici, sprigionando un’energia equivalente a quella di un terremoto di magnitudo 3,5 – ma con epicentro in superficie. Il boato arriva fino a Cipro, a 200 chilometri di distanza. La causa, stando alle autorità libanesi, è la deflagrazione di oltre 2.700 tonnellate di nitrato di ammonio, sequestrate diversi anni fa da una nave cargo e stoccate in un magazzino del porto. Erano lì nell’hangar dal 2013 e le autorità erano consapevoli dei rischi. Sembra essere una dichiarazione di comodo, creata appositamente per essere data in pasto alla stampa, infatti si instillano vari dubbi, alcuni esperti di esplosivo, hanno dichiarato che il nitrato di ammonio quando esplode crea una nube gialla, cosa che sembra non essere avvenuta come si vede dai video che sono circolati in questi giorni, le fonti dell’intelligence puntano il dito su armi di Hezbollah. Va ricordato, ad onore di cronaca che nella regione, da decenni è in corso una vera e propria guerra mondiale a pezzi, una guerra contro i civili, concentrata in fazzoletti di terra come Libano, Siria ed Iraq, in cui tutti i grandi attori regionali e internazionali sono all’opera direttamente o indirettamente. Le motivazioni sembrano palesi, infatti: c’è il petrolio, c’è il gas, e c’è l’acqua, senza scordarsi della posizione strategica che fa gola a molti.

I video che sono circolati in questi giorni, mostrano quello che sembra essere un incendio scoppiato nelle vicinanze poco prima. Le stazioni televisive locali hanno parlato del coinvolgimento di un magazzino di fuochi d’artificio. L’incendio sembra essersi propagato in un edificio vicino, innescando l’esplosione. Quindi la nuvola a fungo e la spaventosa onda d’urto. Hassan Diab, ha dichiarato che “I responsabili di questa catastrofe pagheranno”.

Le milizie filoiraniane sciite di Hezbollah hanno inizialmente accusato Israele di sabotaggio, ma Gerusalemme ha però negato ogni addebito.

Nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto in un primo momento che quanto accaduto assomiglia “ad un terribile attentato. Senza aggiungere altri dettagli, Trump ha ribadito la disponibilità ad aiutare il Libano. Tre funzionari del Dipartimento della difesa sentiti dalla emittente televisiva CNN dicono che “non ci sono indicazioni di attori nella regione interessati in questa fase a un attacco di così vasta portata”.

Il governatore di Beirut l’ha definita catastrofe nazionale. “Non sappiamo come ne usciremo. Non lo sappiamo davvero. Siamo riusciti a malapena a sopravvivere e ora questo disastro. Dobbiamo restare forti, dobbiamo tenere duro. Ed essere coraggiosi”.

L’Italia ha deciso l’invio di due aerei C-130J dell’Aeronautica militare, appartenenti alla 46/a Brigata Aerea di Pisa. A bordo un team composto da Vigili del fuoco e personale dell’Esercito italiano specializzato ad operare in contesti caratterizzati da minaccia Cbrn (Chimica, batteriologica, radiologica e nucleare). Una seconda missione è prevista per oggi, dedicata al trasporto di materiale umanitario e medico.

La Francia, in virtù dei trascorsi recenti, ha inviato aerei carichi di medicinali e personale specializzato. Oggi il presidente Macron sarà a Beirut.
Londra ha offerto supporto tecnico e finanziario mentre Berlino è pronto a inviare un team di soccorritori ed esperti. Anche la Grecia ha annunciato l’invio di materiale sanitario.
L’Australia ha deciso lo stanziamento di 1,4 milioni di dollari da donare al Libano.

Come scrissi in un articolo precedente (https://www.paeseitaliapress.it/news_11735_Il-problema-del-Libano-non-e-il-COVID19.html [1]) il Paese attraversa una gravissima crisi sociale ed economica e le tensioni tra le varie confessioni religiose sono più forti che mai. A breve inoltre è atteso il verdetto sull’attentato del 2005 in cui fui ucciso il premier Rafiq Hariri, azione per il quale sono sospettati alcuni membri di Hezbollah. La crisi economica della piccola nazione mediterranea affonda le sue radici in decenni di corruzione sistemica e di malgoverno della classe politica al potere dalla fine della guerra civile. I libanesi hanno organizzato proteste di massa per chiedere un cambiamento politico radicale, ma poche delle loro richieste sono state soddisfatte, dato che la situazione economica è costantemente peggiorata dall’autunno scorso.

il mondo si è mobilitato per inviare squadre di soccorso e aiuti umanitari.

L’Unione Europea sta attivando il suo sistema di protezione civile per radunare i soccorritori e le attrezzature dei suoi 27 Stati membri. Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Polonia e Paesi Bassi sono tra i paesi in prima linea. Così come Regno Unito, Russia, Iraq, Egitto e Giordania. Anche Israele, tecnicamente ancora in guerra con il Libano, ha offerto a suo modo aiuto.

Tanti donatori vorrebbero bypassare il governo libanese e distribuire aiuti attraverso le Ong. Considerato il fragile stato del Libano e la reputazione dell’élite politica, alcuni Paesi amici come la Francia continuano a sostenere che c’è un disperato bisogno di riforme.

Paul Karam, presidente di Caritas Libano, indica come si stia mettendo in campo “uno sforzo enorme” per aiutare la popolazione locale con almeno “200 fra operatori e volontari, distribuiti in 15 gruppi diversi”.

Sembra che a volte piova sempre sul bagnato.