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5 luglio 2020 cinquanta anni dall’ indipendenza dell’Algeria

Oggi in Algeria si festeggiano i cinquant’anni dell’indipendenza dalla Francia, ottenuta il 5 luglio del 1962 dopo una guerra iniziata il 1° novembre 1954 e conclusa il 19 marzo 1962, provocando oltre un milione e mezzo di morti da parte algerina, dei quali solo un sesto facevano parte del Front de Libération Nationale o degli altri schieramenti indipendentisti. Il governo provvisorio algerino scelse il 5 luglio come Giorno dell’Indipendenza, per ricordare l’anniversario della presa di Algeri da parte delle truppe francesi avvenuta il 5 luglio del 1830.

L’occupazione francese dell’Algeria era fortemente appoggiata dai cosiddetti pieds-noirs, i coloni francesi stanziatisi nel paese fino dai tempi di Napoleone III che avevano evidenti interessi di carattere economico e finanziario nel territorio di quella che chiamavano la “Francia d’oltremare”. Questa vasta porzione di abitanti (un milione di francesi a fronte di sette milioni di algerini), praticava un’effettiva politica di segregazione nei confronti della massa di popolazione araba, costretta a vivere in condizioni di permanente inferiorità politica e sociale, oltreché giuridica.

La prima azione di guerra messa in atto dagli indipendentisti algerini avvenne nelle prime ore della mattina del 1° novembre 1954, quando militanti del FLN eseguirono molteplici attacchi organizzati in varie parti dell’Algeria contro installazioni militari, posti di polizia, magazzini e mezzi di comunicazione, scatenando la dura reazione del ministro degli interni francese, François Mitterrand, che affermò: ” la ribellione algerina può trovare un’unica forma terminale: la guerra”.

In realtà, i primi anni della Guerra d’indipendenza videro una forte contrapposizione tra le diverse anime dell’opposizione algerina, che si logorarono con una lunga serie di attentati e omicidi politici che portarono al bilancio definitivo di 12mila aggressioni, 9mila feriti e 4mila morti. La contrapposizione più aspra fu sicuramente quella tra il FLN, che propugnava la restaurazione dello stato algerino “all’interno dei principi dell’Islam”, e il MNA (Mouvement National Algérien), che invece era di ispirazione socialista. Quest’ultimo, forte di una radicata presenza nelle fabbriche e nei sindacati della scuola, oltre che nelle masse di lavoratori immigrati in Francia, fu vittima di una spietata repressione ad ordine della piccola borghesia francese e algerina (che troverà nel FLN il suo interlocutore privilegiato), la quale temeva che l’apertura di un processo rivoluzionario in Algeria potesse espandersi alla stessa Francia.

Il FLN, forte del suo radicamento negli strati più poveri della popolazione e nelle campagne, uscì vincitore da questa disputa grazie alla fondazione di sindacati, associazioni professionali, organizzazioni studentesche e femminili e all’uso indiscriminato della violenza nei confronti di tutti coloro che erano considerati collaborazionisti o traditori.

Dal 1956, il FNL affiancato dall’ala militarista (ALN, Armée de Libération Nationale), mise in pratica con successo la tattica della guerriglia, così da evitare il contatto diretto con le truppe francesi, e arrivò a controllare ampi settori delle regioni dell’Aurès, la Cabilia e altre regioni montagnose intorno a Costantina e a sud di Algeri e Orano.

Molto importante fu anche il fronte francese, dove i militanti algerini attuarono una serie estenuante di attentati ed atti di sabotaggio contro le forze di polizia e le sedi governative. Di tutta risposta, l’esercito francese rispose con un impiego massiccio della forza tramite l’assalto e il bombardamento dei villaggi, il rastrellamento di oltre due milioni di algerini e la loro deportazione in veri e propri campi di concentramento e di tortura.

Questo atteggiamento spregiudicato delle forze armate, che ricordava fortemente le tattiche usate dai nazisti durante la Resistenza, fu fortemente condannato e criticato dalla sinistra francese e dall’opinione pubblica in generale, legittimando ulteriormente la lotta del popolo algerino.

Le sorti della guerra ebbero un’improvvisa svolta nel 1958, quando un putsch di generali guidati da Massu e Dalan, molto critici nei confronti del governo francese, provocò la caduta della Quarta Repubblica e costrinse il presidente Coty a richiamare al potere de Gaulle. Questi modificò la costituzione, accrescendo i poteri dell’esecutivo (Quinta Repubblica), ma, anziché proclamare la guerra ad oltranza per l’”Algeria francese”, avviò contatti coi “ribelli” del Fronte di Liberazione Nazionale, che si conclusero nel marzo 1962, con la firma di un armistizio (armistizio di Evian).

Durante i tre mesi che trascorsero tra il cessate il fuoco ed il referendum sul futuro dell’Algeria, l’Organisation armée secrète (OAS), una società segreta a carattere paramilitare che fece del terrorismo la sua arma preferita, riscuotendo vasti consensi nelle file dell’esercito, tentò di provocare una rottura della tregua ottenuta dal FLN ed avviò un’indiscriminata campagna terroristica. Nel solo mese di marzo 1962 l’OAS fece esplodere una media di 120 ordigni al giorno, non risparmiando nemmeno ospedali e scuole. Alla fine, i terroristi fallirono nei loro obiettivi e stipularono una tregua col FNL il 17 giugno 1962. Nello stesso mese, più di 350.000 coloni abbandonarono l’Algeria.