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Ungheria, dal 1° marzo sospesi gli accessi alle zone di transito frontaliere ai richiedenti asilo

Dal 1° marzo “l’Ungheria ha sospeso in maniera indefinita gli accessi alle zone di transito frontaliere ai richiedenti asilo” per i rischi legati al propagarsi del coronavirus COVID-19.

“Osserviamo un certo legame tra il coronavirus e i migranti illegali”, ha dichiarato nel corso di una conferenza stampa, senza però dare alcun dato a sostegno della sua affermazione, Gyorgy Bakondi, consigliere alla sicurezza nazionale del primo ministro magiaro. Secondo il governo magiaro, a mettere l’Ungheria a rischio epidemia sarebbero gli arrivi di migranti di nazionalità iraniana, che in realtà ad oggi sono la quarta nazionalità tra i richiedenti asilo in Ungheria: appena 22 richieste dietro Afghanistan (185), Iraq (157) e Pakistan (27).

Nel 2015, anno della crisi migratoria l’Ungheria ha costruito, lungo tutto il confine con la Serbia e la Croazia, una recinzione, voluta dal governo ostile all’accoglienza, parzialmente elettrificata, facendo sì che i migranti, bloccati dalla recinzione, che desiderano entrare in Ungheria non avessero altra scelta che passare attraverso una delle due “zone di transito” allestite alla frontiera, una a Tompa e una a Röszke. Postazioni allestite in container circondati da filo spinato dove vengono esaminate le loro domande di asilo.

Postazioni più volte denunciate per violazione dei diritti o per situazioni estreme, come donne operate e ammanettate ai letti d’ospedale, malati di cancro a cui non vengono fornite cure per mesi o migranti lasciati senza cibo per giorni.

Oggettivamente la dichiarazione-annuncio di Bakondi cambia poco la realtà delle cose perché già si contavano sulle dita di una mano le persone ammesse nelle zone di transito ogni settimana. Dal dicembre 2019 ad oggi “solo una dozzina di persone sono state ammesse a Röszke”, così come denuncia la Ong ungherese Helsinki Committee,” il provvedimento di fatto mette fine all’accesso all’asilo nel Paese perché quei due punti di transito sono gli unici in cui si può presentare domanda d’asilo.”

 András Léderer di Helsinki Committee definisce il collegamento tra coronavirus e immigrazione “l’ennesimo passo avanti dell’isteria xenofoba” del governo.

L’annuncio dell’Ungheria è arrivato dopo che venerdì scorso Ankara ha permesso a migliaia di migranti di dirigersi verso il confine con la Grecia, porta d’ingresso dell’UE, nel tentativo di mettere sotto pressione i leader europei durante l’offensiva turca in Siria.

Bakondi: “L’Ungheria non aprirà le sue porte e non lascerà passare nessuno”, e se sarà necessario saranno inviati alle frontiere del paese rinforzi militari e di polizia.

La Commissione europea ha già deferito l’Ungheria alla corte di giustizia dell’Unione europea per limitare eccessivamente il diritto d’asilo. L’opinione dell’avvocatura generale della corte è prevista per il 24 giugno prossimo.

Gerald Knaus, co-fondatore del think tank European Stability Initiative, dichiara “L’Ungheria ha già mostrato di saper ignorare le condanne che arrivano dall’Europa. I politici devono dimostrare oggi più che mai che è possibile proteggere i confini senza rinunciare alla protezione dei diritti umani”.

“Né la Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati, né le leggi dell’Ue rappresentano una base legale per sospendere le domande di asilo”, sottolinea l’Unhcr in una nota, in merito alle tensioni al confine tra Grecia e Turchia.

Nel frattempo, la Grecia ha annunciato che sospenderà per un mese le richieste d’asilo.

Secondo Alberto Alemanno, professore di diritto europeo all’università HEC di Parigi, la sospensione greca rappresenta una “manifesta violazione sia del diritto d’asilo europeo sia del diritto internazionale: crea un meccanismo senza precedenti che finirà probabilmente per condannare chi ha diritto all’asilo alla deportazione e alla morte”.