Immigrazione. Dal “salvataggio Salvini” alla Sentenza 4890/2019 della Cassazione fino all’accesso agli atti al Viminale sul caso SeaWatch

Un "caldo" febbraio nel bilancio "immigrazione"

Febbraio è stato il mese più impegnativo per il Governo italiano sul terreno immigrazione e chi ne esce peggio probabilmente non è (solo) la Lega

Il 2019 ha mostrato numerosi capovolgimenti e retroscena di questo governo a tinte gialloverdi, mai così poco agglomerate come oggi. In particolare sta tenendo banco l’accesa discussione sulla TAV che sta portando a una rottura definitiva nei rapporti tra i due partiti al potere.

Ma le origini di questo disagio governativo possono rinvenirsi anche in quel che è accaduto durante lo scorso mese. Infatti febbraio è stato caratterizzato da diversi ribaltoni importanti di cui solo uno non è rimasto sotto traccia. Ci si riferisce ovviamente al caso Diciotti e al tempestivo “salvataggio” nel mare della giustizia da parte del Movimento 5 Stelle. Un avvenimento che ha suscitato sentimenti contrapposti soprattutto tra gli elettori pentastellati, mai così lontani dalla linea di governo del partito. Si noti infatti che il voto si è basato su sole 50.000 preferenze (definite “democrazia diretta” seppure non coprono neppure l’1% dei voti ricevuti alle precedenti elezioni politiche) di persone iscritte alla piattaforma da anni, quindi non è neanche detto che tutti fossero ancora elettori reali del M5S.

Gli effetti della crescente sfiducia si sono visti in particolare nelle recenti elezioni in Sardegna e Abruzzo, dove i 5 stelle hanno raccolto le briciole rispetto alle precedenti tornate.

Su questo hanno sicuramente pesato anche l’inconsistenza del “reddito di cittadinanza”, le mancate promesse mantenute riguardo alle trivelle e alla pipeline in Puglia e, non da ultimo, i retroscena sul caso SeaWatch. Quest’ultimo infatti ha testimoniato come i M5S si siano lasciati abbindolare del tutto dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini nella materia dell’immigrazione e in particolare circa la chiusura dei porti. Da sempre bandiera di Salvini, la chiusura dei porti lo ha portato di recente con il caso Diciotti a rischiarla grossa. Ecco che quindi nel caso Seawatch ha trovato l’escamotage per tirarsi fuori da qualunque tipo di responsabilità sulle dinamiche di trattenimento dei richiedenti asilo.

Ci si riferisce al caso della nave ONG di bandiera tedesca giunta il 31 gennaio scorso al porto di Catania dopo 3 settimane di blocco a largo. Da un’istanza di accesso civico agli atti del Viminale, richiesta dell’avvocato Alessandra Ballerini, il direttore della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere, Massimo Bontempi, ha risposto con un’alzata di spalle: “Questa Direzione Centrale non ha prodotto e non detiene alcun provvedimento/comunicazione trasmesso alla nave SeaWatch avente ad oggetto il divieto di approdo nei porti italiani”. In soldoni, non è stato il Viminale a bloccare lo sbarco, ma, per esclusione, il Ministero dei Trasporti nella persona di Danilo Toninelli, M5S.

Della serie “prevenire è meglio che curare”, il Ministro Salvini ha capito la lezione datagli dal Tribunale dei Ministri di Catania e non ha intenzione di rischiare di nuovo la testa. I M5S da parte loro sembrano invece essere disposti a tutto pur di mantenere in vita questo governo, andando contro ogni loro millantato ideale a quanto pare.

Dall’altro lato della barricata, il Ministro dell’Interno non ha potuto schignazzarsela pienamente. Infatti il 19 febbraio ci ha pensato la Prima Sezione della Corte di Cassazione a fargli andare di traverso un boccone chiamato “protezione umanitaria”. Due parole tanto osteggiate dal Ministro e di cui pensava (sperava) di non dover più sentire parlare dopo il suo Decreto Sicurezza e Immigrazione.

Di tutt’altro avviso è stata invece la Suprema Corte. Infatti con la sentenza 4890/2019, la Cassazione ha fatto “rivivere” la protezione umanitaria. Tecnicamente non è mai morta, nonostante l’abrogazione a tappeto e l’opera minuziosa di ritaglio di ogni citazione di questa forma di protezione dalla lettera del diritto dell’immigrazione italiano operata dal D.L. Sicurezza.

La Corte ha sottolineato quanto la presa di posizione del Governo riguardo alla protezione umanitaria sia stata meramente una scelta politica che nulla ha a che fare con la legge e con i diritti. Il Decreto Sicurezza prevedeva infatti che dalla sua data di entrata in vigore non potesse più essere riconosciuta l’umanitaria. Quindi il 4 ottobre 2018, Matteo Salvini ha dichiarato in pompa magna la fine di un’era, o come preferisce dire lui “la fine della pacchia”. In molti si sono scagliati contro la mancanza di tatto e di etica della manovra. I giudici hanno però voluto dire la loro da un punto di vista squisitamente giuridico basandosi su un principio cardine del nostro (e di tutti) ordinamento giuridico. Il principio di irretroattività della legge. Spesso si dà per scontato che una volta entrata in vigore una legge tutto cambi dall’oggi al domani. Questo in alcuni casi è vero: quando si parla di procedure per esempio, o di trattamenti più favorevoli. Però il diritto non può creare situazioni aberranti alle quali un soggetto non poteva prevedere di andare incontro al momento della presentazione di una propria domanda. Si prenda il banale esempio della partecipazione a un concorso e dell’uscita dopo qualche mese di modifiche ai criteri di selezione che automaticamente (o quasi) vi escludono dallo stesso.

Ma qui in realtà siamo su un terreno più importante e fondamentale. Difatti, partendo dall’irretroattività della legge nel tempo, la Cassazione definisce il diritto di asilo come diritto fondamentale preesistente al momento in cui si viene ascoltati dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Il diritto nasce quando si manifesta la volontà di chiedere asilo, quindi al più tardi al momento in cui si formalizza la domanda di asilo in Questura. E alla luce della politica di chiusura dei porti, in pochissimi hanno chiesto protezione successivamente al 4 ottobre 2018. Ciò significa che tutte le domande esaminate dal 4 ottobre ad oggi non sono state analizzate correttamente. Infatti a partire da quella data tutte le Commissioni italiane, su impulso del Ministero dell’Interno, hanno deciso che a tutti coloro che fossero stati ascoltati dopo il Decreto Salvini non sarebbe stata neanche esaminata la possibilità di riconoscimento della protezione umanitaria.

Ci troviamo quindi di fronte a un dato preoccupante. Infatti, dati del Ministero alla mano, circa il 30% delle domande di asilo vedevano riconosciuta la protezione umanitaria davanti alla Commissione (il numero diventava molto più alto davanti ai Tribunali ordinari) prima del 4 ottobre 2018. Da quel giorno ad oggi sono state esaminate migliaia di domande senza considerare quella protezione. Con la sentenza 4890 della Cassazione si apre ancor di più la possibilità di fare ricorso contro i dinieghi di protezione e, soprattutto, di vincere in Tribunale (come minimo quel 30% non riconosciuto subito). Questo significa un esborso importantissimo per lo stato italiano in risorse umane ed economiche per sopportare tutti i processi che verranno e soprattutto le decisioni avverse. Non di poco conto inoltre una recente sentenza della Corte di Cassazione del marzo 2018 in cui si sancisce la separazione dei budget dei Ministeri della Giustizia e dell’Interno. In poche parole, è stato deciso che nel caso in cui il Ministero soccomba contro un richiedente asilo in tribunale, dovrà pagare le spese del processo al Ministero della Giustizia. Si preannuncia quindi un duro colpo al bilancio ministeriale. E questo risuona ancora più grottesco per un Ministro come Salvini che da sempre si è lamentato dei famosi (falsi) 35 euro al giorno per migrante. Ora che si apre davanti a lui questa distesa di ricorsi da centinaia se non migliaia euro ciascuno…nessuna dichiarazione in merito. Effettivamente, ciò che ha colpito di più è stata la mancanza di cura ed attenzione rispetto a questa decisione storica della Cassazione. Solo qualche trafiletto veloce sui giornali e nulla di detto dagli esponenti del Governo.

Permane un velo di curiosità sulla linea che deciderà di adottare (a questo punto si presume in segreto) il Ministro dell’Interno in merito all’umanitaria: far finta di nulla, ricevendo migliaia di ricorsi già persi in partenza per lo Stato; o fare un enorme passo indietro riconoscendo di aver preso una cantonata e di conseguenza dichiarando la rinascita dell’umanitaria, in contraddizione con tutta la sua campagna elettorale passata, presente e futura.

Qualunque sia la sua decisione politica, sarà una scelta sofferta e con pesanti ripercussioni sull’Italia e sul Governo. Ciò che più interessa a chi scrive è: che ne penseranno a riguardo gli italiani? E riusciranno tutti a conoscere e comprendere questi fatti tenuti all’ombra della candela?

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