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Il premio Nobel per la Pace 2018 a Nadia Murad e Denis Mukwege

Il Nobel per la Pace 2018 è stato assegnato ieri durante la consueta cerimonia a Oslo, i premiati sono Nadia Murad e Denis Mukwege "per i loro sforzi volti a porre fine all'uso della violenza sessuale come arma di guerra e conflitto armato".

Due storie diverse, due paesi diversi, un solo orrore: la violenza sessuale come strategia bellica, come arma di genocidio, i soprusi subiti da migliaia di donne e bambine.

Ma anche un solo desiderio: non arrendersi, lottare, andare avanti perché tutto questo abbia fine, perché le vittime possano avere giustizia.

 

Nadia Murad aveva ventuno anni ed era una studentessa quando nell’agosto del 2014 la sua vita cambiò per sempre. Venne rapita a  Kocho, il suo villaggio natale in Iraq, dalle truppe dello Stato Islamico. Quel giorno tutta la comunità yazida venne radunata, più di 600 persone uccise, donne e bambini resi schiavi. Anche Nadia divenne una schiava di Daesh, come oltre 6.700 donne yazide in Iraq, fu portata a Mosul dove subì per mesi, torture, violenze e stupri brutali. In novembre dello stesso anno riuscì miracolosamente a scappare raggiungendo prima il campo profughi di Duhok e poi Stoccarda.

Il 16 dicembre 2015 Nadia raccontò la sua esperienza al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ponendo per la prima volta l’attenzione sul tema della tratta di esseri umani e rifugiati e chiedendo giustizia per il genocidio yazida. 

Oggi è attivista per i diritti umani e prima ambasciatrice Onu per la dignità dei sopravvissuti e la tratta di esseri umani.

 

Denis Mukwege è un medico ginecologo che ha curato circa quarantamila vittime di stupri e mutilazioni. Nel suo paese, in Congo, lo stupro e in particolare lo stupro di massa, viene utilizzato come strategia per distruggere intere comunità, come terribile arma di genocidio.

Mukwege si è laureato in Medicina in Burundi e successivamente si è specializzato in Francia, è tornato poi nel suo paese dove nel 1998 ha fondato l'ospedale Panzi.

È qui che si prende cura delle donne, le sostiene e le supporta, grazie alle sue tecniche innovative per ridurre o risolvere le orribili lesioni di cui sono state vittime, meritandosi il soprannome di “uomo che ripara le donne”.

Ma Mukwege non ha fatto solo questo, da anni infatti denuncia alla comunità internazionale questo crimine così orribile che oggi affligge ancora il Congo nonostante la guerra sia “ufficialmente” finita nel 2002. Intervistata per un reportage di The Post Internazionale, Zawada Bagaya Bazilianne, consulente legale della Fondazione Panzi, ha affermato: “Dal 2013 al 2016 in questo piccolo paese è avvenuto un orrore che dovrebbe indignare e sconvolgere il mondo intero. Un dramma così devastante che dovrebbe togliere il fiato a chiunque ne venga a conoscenza. In tre anni 46 bambine sono state violentate. Degli irregolari appartenenti alla milizia privata del deputato Frederic Batumike, venivano nel cuore della notte in questo villaggio e per prima cosa rapivano le bambine, poi le violentavano e infine le lasciavano lì, dove avevano compiuto la violenza, da sole e distrutte, ma non prima di averle anche mutilate. E la più piccola vittima aveva solo due anni”.

 

Questi i due protagonisti del Nobel per la Pace 2018, un premio meritato e che ci si augura possa servire da volano per azioni concrete, che vadano aldilà dei simboli e che possano finalmente mettere fine agli orrori inferti dal perpetuarsi delle violenze sessuali, in Congo, in Iraq e in tutti i paesi del mondo portatori di questa indicibile piaga.