Immagine: Nuccio Fava già direttore Rai TG1 e TG3
Genova drammaticamente ferita per lo sbriciolamento dell’autostrada che colpisce l’Italia tutta. Inesorabile passarella di politici e qualche strumentalizzazione.
Lo chiamavano Ponte Morandi, superava di slancio il Polcevera collegando le due parti della città in modo avveniristico. Era considerato, non solo dai genovesi, struttura analoga a quella di New York, il ponte di Brooklyn, in piedi da oltre 100 anni. Quello di Genova era stato inaugurato nel 1967 con una grande cerimonia, alla presenza di Giuseppe Saragat, presidente della Repubblica. Lo attraversavano milioni di viaggiatori e di camionisti, provenienti o diretti anche in Francia e verso Lombardia e Piemonte. Insomma, uno snodo cruciale – giorno e notte – per il mondo del lavoro e degli affari, indispensabile anche per l’accesso al porto e l’imbarco di crocieristi e passeggeri.
Una tragedia immane per l’operosa Genova.
Una tragedia di valore fortemente economico, ma specialmente per il numero di vittime e feriti. Genova e l’Italia tutta non piangono solo i morti, pure bambini e ragazzi diretti al mare, ma un gran numero di dispersi, di famiglie rimaste senza casa come ai tempi della guerra.
Immenso l’impegno dei soccorritori, specie dei vigili del Fuoco, impegnati a scavare con le mani o con l’uso accorto di piccole gru e martelli pneumatici, nella speranza di raggiungere ancora qualche sopravvissuto e di rispettare al massimo i corpi delle vittime.
Dal primo pomeriggio sono piovute ininterrotte le dichiarazioni di ministri e politici, alcune con sfumature polemiche e strumentalizzazioni elettoralistiche.
Forse inevitabili nelle condizioni attuali della politica dal suono comunque sgradevole e inopportuno.
Nella sua drammaticità resta però – insieme alla commozione e allo sgomento –l’urgenza di una riflessione corale per dar vita a un grande piano di investimenti e di interventi urgenti per mettere in sicurezza l’Italia.
Citeremo due sole voci: il procuratore di Genova che ha risposto di non credere alla fatalità; dell’architetto Piano, che oltre al dolore e allo sgomento di vecchio genovese ha affermato che la grande opera ormai era a rischio e si sarebbe dovuto intervenire da tempo.