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Roma, Domus Aurea:torna alla luce dopo duemila anni la sala della Sfinge

Roma non smette mai di stupire, offrendo delle inaspettate, eccezionali sorprese, testimonianze silenziose dei fasti del passato e della sua grande storia. Come l’eccezionale ed emozionante scoperta nella quale i tecnici restauratori e architetti si sono imbattuti durante il restauro della volta della sala 72 della Domus Aurea, una delle 150 attualmente conosciute della dimora che Nerone si fece costruire nel 64 d.C.,  dopo il grande incendio di Roma. La scoperta risale alla fine del 2018: grazie ad una apertura all’imposta nord della sala e alle lampade che i tecnici avevano a portata di mano per illuminare i ponteggi,  è apparsa  l’intera volta a botte di una sala adiacente completamente affrescata. All’ interno  una finestra a bocca di lupo che si apre sulla lunetta di fondo dove si trova la figura della sfinge che dà il nome allo stanza e cheè collocata  al di sopra di un probabile oggetto sacro. Intorno ci sono elementi architettonici immaginari fra piatti cerimoniali e ghirlande. Visibile e ben conservata la decorazione pittorica della sommità: sul fondo bianco si  possono ammirare riquadri segnati di rosso purpureo, intorno linee giallo ocra e fasce dorate fra una fitta vegetazione e universi animali: pantere, centauri rampanti, in un quadrato il dio Pan, in un altro un personaggio armato di spada, faretra e scudo che combatte con una pantera. Il  tipo di decorazione porta gli esperti ad attribuire la Sala della Sfinge alla cosiddetta Bottega A, operante tra il 65 ed il 68 d.C. 

La sala nonostante i secoli  racconta ancora molto di sè: la scelta del fondo bianco dimostra che era poco illuminata anche ai tempi di Nerone. L’ambiente è stato messo in sicurezza, ma una larga parte è ancora interrata, sepolta sotto quintali di terra per ordine degli architetti di Traiano, che proprio qui, sopra la reggia dell’odiato Nerone, fece costruire un complesso termale. In quarant’anni, la Domus Aurea fu completamente sepolta sotto nuove costruzioni, ma la sabbia ha paradossalmente protetto gli affreschi delle pareti e della volta dal loro eterno nemico, l’umidità, restituendoceli oggi dopo duemila anni.